martedì 9 gennaio 2018

DON WINSLOW - NEVADA CONNECTION (Einaudi, 2017)

Cody McCall è scomparso. Ha due anni e a sequestrarlo è stato il padre, dopo una feroce battaglia per la custodia. L'uomo incaricato di ritrovare il bambino è Neal Carey. È l'unico modo che ha per sdebitarsi con chi ha pagato il riscatto grazie al quale il suo esilio cinese ha avuto termine. Alla ricerca del piccolo Cody, Neal si ritrova a passare dalle scintillanti colline di Hollywood alle infuocate pianure del Nevada. Si immerge nel sottomondo criminale del posto - tra casinò da due soldi e bordelli lungo la strada - e si infiltra in un gruppo di fanatici razzisti, i Figli di Seth: suprematisti bianchi che spargono odio e terrorizzano gli abitanti della zona. Con il passare del tempo, il gioco si fa sempre più pericoloso. Per uscirne e salvare Cody, Neal Carey non ha altra scelta che affrontare Ben Hansen, il leader dei Figli di Seth, e mettere fine al suo regno di follia e terrore.

Pubblicato in Italia da Einaudi sul finire dello scorso anno, Nevada Connection è in realtà romanzo risalente a venticinque anni fa, ed è la terza avventura che vede come protagonista il detective privato Neal Carey, il primo personaggio ricorrente creato dalla penna di Don Winslow.
Gli estimatori dello scrittore newyorkese, che ne seguono le gesta fin dalla prima uscita del 2008, data in cui venne pubblicato in Italia L’inverno Di Frankie Machine, si renderanno conto immediatamente di trovarsi di fronte a libro buono ma non eccelso, soprattutto se paragonato ad autentici capolavori di genere come Corruzione (2017) e Il Cartello (2015), scritti ben vent’anni dopo questo.
Nello specifico, infatti, lo stile “cinematografico” di Winslow non è ancora adeguatamente sviluppato, la prosa è molto meno fluida rispetto a quanto lo sarà successivamente e i dialoghi non sono sempre all’altezza della fama del romanziere. Tuttavia, nonostante gli evidenti difetti (a cui si aggiunge un finalone western da Sfida All’O.K. Corral un po' tirato per i capelli), il romanzo risulta piacevole e appassionante dall’inizio alla fine, i colpi di scena non mancano, l’ambientazione montanara è tratteggiata con la consueta maestria e Neal Carey, pur mancando della introspezione psicologica di Art Keller, riesce comunque ad accattivarsi le simpatie del lettore.
Non il miglior libro di Winslow, ma di sicuro un discreto romanzo di evasione, che ha il merito di puntare il dito contro quell’America xenofoba, violenta e guerrafondaia che è diventata oggi parte della base elettorale che ha votato Trump.


Blackswan, martedì 09/01/2017

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