Cody
McCall è scomparso. Ha due anni e a sequestrarlo è stato il padre, dopo
una feroce battaglia per la custodia. L'uomo incaricato di ritrovare il
bambino è Neal Carey. È l'unico modo che ha per sdebitarsi con chi ha
pagato il riscatto grazie al quale il suo esilio cinese ha avuto
termine. Alla ricerca del piccolo Cody, Neal si ritrova a passare dalle
scintillanti colline di Hollywood alle infuocate pianure del Nevada. Si
immerge nel sottomondo criminale del posto - tra casinò da due soldi e
bordelli lungo la strada - e si infiltra in un gruppo di fanatici
razzisti, i Figli di Seth: suprematisti bianchi che spargono odio e
terrorizzano gli abitanti della zona. Con il passare del tempo, il gioco
si fa sempre più pericoloso. Per uscirne e salvare Cody, Neal Carey non
ha altra scelta che affrontare Ben Hansen, il leader dei Figli di Seth,
e mettere fine al suo regno di follia e terrore.
Pubblicato in Italia da Einaudi sul finire dello scorso anno, Nevada Connection
è in realtà romanzo risalente a venticinque anni fa, ed è la terza
avventura che vede come protagonista il detective privato Neal Carey, il
primo personaggio ricorrente creato dalla penna di Don Winslow.
Gli
estimatori dello scrittore newyorkese, che ne seguono le gesta fin
dalla prima uscita del 2008, data in cui venne pubblicato in Italia L’inverno Di Frankie Machine,
si renderanno conto immediatamente di trovarsi di fronte a libro buono
ma non eccelso, soprattutto se paragonato ad autentici capolavori di
genere come Corruzione (2017) e Il Cartello (2015), scritti ben vent’anni dopo questo.
Nello
specifico, infatti, lo stile “cinematografico” di Winslow non è ancora
adeguatamente sviluppato, la prosa è molto meno fluida rispetto a quanto
lo sarà successivamente e i dialoghi non sono sempre all’altezza della
fama del romanziere. Tuttavia, nonostante gli evidenti difetti (a cui si
aggiunge un finalone western da Sfida All’O.K. Corral un po'
tirato per i capelli), il romanzo risulta piacevole e appassionante
dall’inizio alla fine, i colpi di scena non mancano, l’ambientazione
montanara è tratteggiata con la consueta maestria e Neal Carey, pur
mancando della introspezione psicologica di Art Keller, riesce comunque
ad accattivarsi le simpatie del lettore.
Non
il miglior libro di Winslow, ma di sicuro un discreto romanzo di
evasione, che ha il merito di puntare il dito contro quell’America
xenofoba, violenta e guerrafondaia che è diventata oggi parte della base
elettorale che ha votato Trump.
Blackswan, martedì 09/01/2017
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