Nella notte del 27 giugno 1980,nel cielo di Ustica un DC9 dell'Itavia si squarcia in volo e scompare in mare.Le vittime sono 81,di cui 4 i membri dell'equipaggio.A distanza di 30 anni e dopo tre gradi di giudizio, ancora si sconosce cosa sia realmente avvenuto:bomba,missile o cedimento strutturale.Resta solo la memoria dei morti e di una notte di dolore e di vergogna,sotto un cielo che gronda lacrime e sangue.Ma quella stessa notte e quasi nello stesso momento,a circa mille chilometri di distanza si celebra il rito festoso della musica.A Milano,in uno stadio San Siro gremito all'inverosimile, Bob Marley si esibisce in un concerto che diventerà leggendario.Chi era presente allo stadio parla di un evento spirituale,quasi di mistica fratellanza:i centomila spettatori, Marley e i Wailers,tutti uniti in un solo canto di redenzione e di dolore,di gioia e di protesta.A Milano si danza sotto un cielo stellato verso il quale,come una sola anima, sale il fumo di una moltitudine di canne.Nessuno immagina che quello stesso cielo,nell'estremo sud del nostro paese,sia stato da poco squarciato da un lampo di morte.Nessuno sa,o forse solo in pochi lo immaginano,che lo spettro della morte si aggira però anche su quel palco al centro del Meazza.Marley suona il suo concerto più bello,la sua Gibson Les Paul dardeggia sotto i riflettori della Scala del calcio,lo sport che amava quasi quanto la sua musica.Ma lui lo sa, lo sente nel profondo del cuore che la ritmica sincopata del reagge sta sfumando in un controtempo che spariglia le carte della vita.Da due anni è gravemente malato a causa di un melanoma a un piede.Morirà undici mesi più tardi,l'11 maggio del 1981.Trent'anni fa,oggi.
Non amo la musica reggae,a meno che non sia abbondantemente contaminata,ma Marley,come per ogni giovane rocker della mia generazione ( quella cioè che gli visse a fianco sul finire degli anni ' 70 ),è sempre stato qualcosa di speciale,a prescindere dallo stile e dal suono.Cerco le parole per definirlo( eroe? mito ?),ma sembrano tutte assurde o troppo enfatiche.Di certo Marley non era solo il poster appeso in cameretta,che si venerava per moda o per quel seducente richiamo all'uso della marjiuana così suggestivo per la fantasie di un ragazzo.C'era ben altro e di molto più importante,qualcosa che trascendeva l'iconografia tradizionale del mito,che si librava oltre la leggenda del personaggio, per colpirti direttamente al cuore.Marley le chiamava " Rastaman vibrations",le vibrazioni buone di una musica scarna e ipnotica,di giocosi passi di danza scanditi a colpi di dread,di parole semplici,ma mai banali,che ti costringevano a pensare.Canzoni di redenzione e di riscatto,ma anche di lotta e di sofferenza,sempre però trasfigurate da un'allegria che nasceva dalla consapevolezza e da una tensione all'assoluto divino che in Marley giusitificava tutto.
" No woman no cry ", " Could you be love ", " Africa Unite " " Wake up and live " sono messaggi positivi,universali, pregni di quella filosofia "peace and love", declinata con un linguaggio più autentico e mistico di quello hippy e politicizzato degli anni '60.Sono convinto che anche chi,come me,non sia un cultore del genere,almeno una delle sue canzoni la serbi nel cuore,con affetto.Magari perchè gli ricorda un'amore di giovinezza, una serata con gli amici o un buon cannone fumato come Cristo comanda:cielo stellato,birra ghiacciata e il respiro della musica attorno.Nel mio personale bagaglio non mancano mai " Get Up Stand Up " e " Exodus ",le preferite di sempre.Anche oggi,nonostante la mia visione disillusa del mondo e la nostalgia per il vuoto lasciato dall'artista giamaicano, ascoltarle mi pare sempre un ottimo motivo per alzarmi in piedi,accennare un pò di head-banging e sorridere alla vita.Adesso come trent'anni fa.Se c'è un miracolo nella musica di Marley è proprio quello di aver universalizzato un pensiero che ha attraversato i decenni a passi di danza.Come una rivoluzione in note,che parla di speranza e amore anche alle nuove generazioni che non conobbero il sapore dolce amaro di quella notte di giugno. Quando a Ustica si moriva e Milano era Giamaica.
Blackswan, mercoledì 11/05/2011
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