Se alzo gli occhi dal pc davanti al quale sto scrivendo,incrocio lo sguardo di Clarence Clemons.Sta suonando il sax,fasciato da un improbabile paio di pantoloni di pella nera.Al suo fianco, Bruce Springsteen con la Fender a tracolla,gli appoggia il braccio sulla spalla e lo guarda fra il divertito e l’ammirato.Quest’immagine,che occupa buona parte di una parete del mio studio,è la copertina di Born To Run,che non è solo un grande disco, ma è soprattutto il testo programmatico di una filosofia di vita, il tentativo di dare dignità attraverso il movimento perpetuo della musica e l’epica dell’on the road a quella generazione di perdenti e di sconfitti le cui storie da sempre riempiono i testi e le canzoni del Boss.Artefice del successo di Born To Run, non furono solo Springsteen e la sua idea di musica, ma anche,e forse soprattutto, un gruppo affiatatissimo,la E Street Band,di cui Clemons era l’indiscusso e silenzioso leader.Un nero e il suo sax trascinante alla corte del rock bianco balzavano agli occhi come un particolare fuori contesto,quasi un’inspiegabile contraddizione.E invece, quella presenza imponente,sia dal punto di vista fisico che musicale,fu una delle armi vincenti di Springsteen.Si venne a creare infatti una miscela incandescente di rock da strada in grado di comunicare a tutti,bianchi e neri,attraverso gli accenti funky e jazz del sax di Clemons che facevano da perfetto contrappunto al suono molto roots della band.Un connubio quello fra il Boss e Big Man che è durato quarant’anni,e che trovava la sua forza non solo in una simbiosi musicale perfetta,ma soprattutto in un sincero e affettuoso rapporto di amicizia.Ieri,Clemons è venuto a mancare,sconfitto nella lotta contro un ictus che lo ha colpito settimana scorsa.Aveva 69 anni,ma l’anagrafe non gli impediva di continuare ad essere protagonista negli infuocati live act di Springsteeen,a cui spesso anzi rubava la scena e gli applausi,per quell’innata simpatia che suscitavano i suoi movimenti goffi e il vocione baritonale.Di certo non erano goffe le suo performance al sax,strumento a cui aveva donato un suono divenuto marchio di fabbrica e che letteralmente spremeva in assoli che partivano improvvisi come scatti da centometrista e sbriciolavano l’anima per intensità e passione.Un suono di cui ora vestiremo i nostri ricordi,ma che dal vivo non potremo più ascoltare.E per chi, come me,è springsteeniano dalla punta dei piedi all’ultimo capello in testa,sa con drammatica chiarezza che nulla sarà più come prima.Perchè insieme all’artista e all’uomo,muoiono anche un’epoca,un suono e probabilmente il sogno musicale di tre generazioni di rocker.Oggi per me è un giorno tristissimo e trovare parole che tengano lontano enfasi e retorica è uno sforzo quasi sovrumano.Ma,ne converrete,non sto parlando solo di un’immagine di un poster,ma di un amico che mi ha tenuto compagnia per più di trent’anni.E che c’era sempre,tutte le volte che avevo bisogno del conforto o dell’energia del suo sax.Allora,concludo onorando un amico con le parole di una canzone di Springsteen che adoro e che Clarence ha sempre suonato come se fosse l’ultima volta della sua vita:
“Mi sei rimasto accanto quando tutti gli altri mi voltavano le spalle,si turavano il naso.Ci piaceva la stessa musica,ci piacevano gli stessi gruppi,ci piacevano gli stessi vestiti.Ci dicevano che eravamo i più selvaggi,gli accidenti più selvaggi che si fossero mai visti.Avrei voluto che me lo dicessi,avrei voluto avere l’opportunità di parlarti,solo per dirti addio...Sappi che ti sto chiamando per l’ultima volta,non per farti cambiare idea,ma soltanto per dirti che mi manchi,amico.Buona fortuna e arrivederci,Bobby Jean “
Vola in alto,Big Man,vola in cielo,libero e imprendibile come una nota del tuo sax.Grazie di tutto.
Blackswan, domenica 19/06/2011
2 commenti:
Da un non springsteeniano, un saluto al grande Clarence.
Al concerto di San Siro, Born in the USA Tour, anni 80, ricordo che il sax di quel gigante nero è stata una delle cose che mi sono piaciute di più.
E ovviamente, ciò che più mi preme, un abbraccio al nostro cigno nero, che oggi ha senz'altro perduto qualche penna ma che rimane comunque un animale maestoso.
Ezzelino da Romano
Da un altro non springsteeniano, un saluto commosso al grande Clarence
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