Domanda da un milione di dollari : quanti sono i dischi live dei Pearl Jam ? Di fronte a questo quesito,anche un fan sfegatato del combo di Seattle( ammetto,io lo sono ) avrebbe qualche difficoltà a rispondere.Di sicuro,si supera la centinaia,tenendo conto tanto delle pubblicazioni in catalogo ( un Ep e tre raccolte,tra cui il monumentale settuplo “Live at Gorge” ) quanto dei Bootleg ufficiali rilasciati dalla stessa band allo scopo di rendere vani gli sforzi della pirateria.Detto questo,sorge spontanea un’altra domanda ? Ha senso comprare l’ennesimo live a firma Eddie Vedder e soci ? Se si trattasse di qualunque altra band,direi che no,non ha alcun senso.Ma nel corso di vent’anni,questi inossidabili alfieri di un rock dal sapore antico, ci hanno insegnato che la loro miglior dimensione è quella che sfoderano su un palcoscenico,innanzi al proprio pubblico.I Pearl jam sono fedeli all’assunto Spingsteeniano per cui un musicista trova la propria ragion d’essere solo quando suona dal vivo,consapevole che,se anche un giorno smetterà di incidere in studio,continuerà comunque a calcare le scene fino all’ultimo refolo vitale.Ecco allora che queste diciotto tracce,relative a concerti tenutisi tra il 2003 e il 2010,non regalano all’ascoltatore quasi nulla di nuovo,eppure reiterano quel rituale imprescindibile che ha reso i Pearl Jam la più grande rock band del pianeta.Uno tsunami sonoro,nel quale si fondono con pathos,energia e gioia di suonare,onestà intellettuale ( faccio sempre la stessa cosa ma la faccio sempre al meglio ) e una complicità con i propri fans,che scandiscono in perfetto sincrono anche i singoli sospiri dell’amato Eddie.Il quale,da rudimentale artigiano della voce,è diventato negli anni un interprete sopraffino,capace di abbinare estensione e intensità senza mai gigioneggiare coi sentimenti.Salta all’occhio una scaletta,che se anche non originalissima ( non mancano le celeberrime “Rearview Mirror “,”Jeremy “,” Alive “ e “Yellow Ledbetter “ ),pesca però nell’inconsueto (“In Hiding “,”I am mine “ ) e regala ai fans due cover riuscitissime : “ Public Image “ dei PIL e,soprattutto,la straordinaria “ Arms Aloft “ dei Mescaleros del compianto Joe Strummer.E nonostante il canovaccio consumato,i bei momenti si sprecano: una scintillante “Porch “,col suo crescendo spaccaossa,l’ennesima versione adrenalinica di “ State of love and Trust “,i languori Pinkfloydiani di “ Nothing as it seems “ e i palpiti fragili di “ Just Breathe”,vertice della nuova poetica folk del Vedder “into the wild “. “Live on ten legs “ è probabilmente un disco pensato per neofiti o per i fans all’acqua di rose:un modo per approfondire e conoscere una dimensione live,che inevitabilmente farà innamorare chi i Pearl Jam li conosce poco.Eppure,anche i fans della prima ora,che come il sottoscritto vivono con la copertina di “Ten “ tatuata sul cuore,troveranno nell’album qualcosa di più di un pezzo da aggiungere alla collezione.In queste canzoni risiedono la vitalità di chi aveva ventanni ai tempi del grunge( nostalgia canaglia ),e più in generale,la vitalità del rock.
VOTO : 7,5
Blackswan,mercoledì 08/02/2011
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