E' il 1992, Seattle è il cuore pulsante del mondo musicale, il grunge impazza tra camicie di flanella a scacconi, anfibi multicolore e acconciature che più trasandate è difficile.Tra i paladini del nuovo suono, gli Alice In Chains sono i più metallari. Il loro però è un heavy dai connotati strani, basato su una ritmica incline a rallentare, sulla chitarra di Jerry Cantrell, i cui riff vischiosi ricordano da vicino il movimento di un uomo intrappolato nelle sabbie mobili, e sulla voce roca, possente ed evocativa dello sfortunato Layne Staley. Il titolo è tutto un programma : la sporcizia vive tanto nelle attitudini estetiche, quanto in suono ruvido e fortemente urticante, mitigato solo in parte da melodici intrecci vocali che richiamano alla mente addirittura i CS&N. Cupo, livido, ossianico, "Dirt " traccia le coordinate di un heavy-grunge depresso e acido, che non disdegna frequentazioni incestuose con la psichedelia. " Them Bones " e " Would ? " saranno le hit, e poi classici senza tempo, " Sickman " la pagana e ossessionata discesa negli inferi della follia, "Rooster " la ballata febbricitante che s'insinua malevola sotto pelle, " Dam That River ", "Down In A Hole " e, soprattutto," Rain When I Die " i gioielli al vetriolo dell'anima disperata e tossica dell'immenso Staley, per il quale gli eccessi della vita e soprattutto l'abuso di eroina disegneranno un percorso tragico. Sconfitto dalla dipendenza cronica e dalla depressione, Staley morirà nel 2002 per overdose. Chiuso nel proprio appartamento, abbandonato da tutti, dimenticato dallo star system, dagli amici, da un mondo a cui, nonostante l'immensa fragilità derivante dalla sua tossicodipendenza, era riuscito a donare numerosi momenti di sublime arte rockettara ( imperdibile l’epitafio del grunge a firma Mad Season ).Il suo corpo verrà ritrovato ben quindici giorni dopo il decesso e ancora oggi resta il dubbio se quell'overdose fatale sia stata un tragico errore o l'ultima volontà di un ragazzo ormai troppo distante dalla vita. Non so se il giorno in cui Layne è morto piovesse, così come preconizzava nella drammaticissima " Rain When I Die ". Ma quando penso a lui, mi fa piacere crederlo.Ci sono artisti che ho sentito più vicino di altri e la disperazione di Layne, fin da quando ero ragazzo, ha sempre trovato un accesso privilegiato verso il mio cuore. Condividere il prezzo che si paga per essere fragili e inconsistenti, o per avere un'apertura troppo sensibile verso il mondo che ci circonda, aiuta a sentirsi simili. Così, ancora oggi, ogni volta che esco a correre quando piove, come fosse un rito, sistemo il mio ipod su " Rain When I Die ", Alice In Chains, Dirt .E torno a pensare, almeno per un po’, a quel fragile ragazzo, la cui voce tossica ma possente, è ancora in grado di farmi venire la pelle d'oca e, come si dice a Milano, anche un pò di magone. La sua morte, lontanissima dagli stereotipi da rocker maledetto, grazie ai quali tanti artisti hanno goduto di leggendari tributi postumi, è solo una delle pagine più vergognose della storia del rock. Niente mito per Layne, nessuna epica del dolore. Solo un po’ di malinconica poesia, tanto sfumata da non riuscire a cancellare il violento immaginario che sottende alle sordide circostanze del suo decesso. Resta invece nelle pieghe della storia il ricordo di un ragazzo solo, abbandonato al suo fardello da chi nella vita avrebbe dovuto stargli vicino. Amarezza e molta pietà. Tuttavia, e mi conforta pensarlo, sono sicuro che da qualche parte, in giro per il mondo, c'è chi, come me, quando vede piovere, per un attimo ripensa a Layne e alle meravigliose canzoni che ci ha lasciato in eredità. Non è molto, ma forse è sufficiente a restituirgli la dignità di cui è stato privato in vita.
Ho ritrovato quanto avevo scritto dopo un concerto degli Alice In Chains visto due anni fa. Mi sembra che completi il post.
Alice in Chains-Milano - Palalido -02/12/2009
La fila, numerosa e ordinata, si snocciola verso l'entrata come i grani di un rosario. Padre Nostro e Ave Maria. C'è qualcosa di mistico nell'aria, quella sensazione di evento che un rocker consumato coglie al volo. La X generation si è data appuntamento in Piazzale Stuparich: pochi giovanissimi, tanti trenta-quarantenni, chiome orgogliosamente spelacchiate ma ancora in favore di vento, chiodi che hanno visto tempi migliori, camicioni di flanella, vagonate di anfibi. La fredda serata è intrisa di quei discorsi che sempre anticipano un concerto: frasi smozzicate che ipotizzano scalette, la speranza di ascoltare la propria canzone, brandelli di ricordi di quando eravamo giovani, noi e gli Alice. Timore, anche. Tanto. Che Duvall, che non è Staley, affondi il nostro sogno, ghermisca in una voce minuscola il nostro desiderio di storia, di essere qui, adesso.Questa storia che stiamo andando a guardare in faccia, per ricordarci e capire se un ricordo possa vivere ancora nel presente e, a Dio piacendo, nel futuro. Paura che la storia ci si ritorca contro, che la storia diventi fredda cronaca, che la leggenda si trasformi in imbarazzante realtà, che la passione e tutti i nostri anni siano cancellati dal pensiero di Layne, che non c'è più. Eccitazione e timore, son così le nostre facce, stasera. Facce di gente che nella vita irreale porta la cravatta, si impiega a morire in un ufficio, smazza codici e pensa al diritto, in barba al desiderio di vivere storti e strafatti. Gente che eravamo tutti Kurt Cobain e Layne Staley, che quel fallimento generazionale, quella disillusione figlia degli anni '80 se la porta marchiata a fuoco sul volto. Eravamo giovani, quando non c'era motivo di esserlo, avevamo speranze quando non c'era più un cazzo in cui sperare. Ma avevamo la musica, il grunge, l'etica di un decadentismo al contrario che ancora ci dava fiato e sangue e saliva perchè le nostre parole potessero vivere il domani. Eccoci, dunque, quegli anni tornano a noi, e li vogliamo guardare coi nostri nuovi occhi, per capire cosa eravamo allora e, forse, cosa siamo diventati adesso. E' la magia della musica, che ci rende viaggiatori del tempo :giovani, vecchi, adulti, bambini, senza ordine cronologico, un ritornello a farci i tarocchi. Eccoli quegli anni, che salgono sul palco, incorniciato da un cuore che pulsa all'unisono coi nostri. Layne non c'è più, è morto. Forse pioveva, qualcuno lo deve sapere che pioveva. Perchè inizia proprio così il concerto: " Rain When I Die ", e non parliamone più, vi prego. La tentazione di piangere è forte, e forse una lacrima è scesa davvero, non so se sul viso o nel romito più cupo della mia anima. Ma c'è la musica, e il ricordo vive, lo so, vivrà, anche se non piango, anche se canterò a squarciagola, cercando nelle note ancora, ancora una volta, la voce tossica di Layne. E allora canto, e cantano tutti, lo sguardo rivolto a un pogo infernale, rutilante, sciabordio d'anime inquiete, fratelli nella calca, fratelli di dita rivolte al cielo, fratelli che non si conoscono, non si conosceranno più, eppure accumunati da un sangue che ha lo stesso dna. Partono altri classici, come treni ad alta velocità, poche stazioni, solo per rifiatare un istante, guardarsi negli occhi, accordare migliaia di air guitars. "Them Bones ","Damn That River", "Again ". Duvall non è tossico e non conosce il tormento. Gigioneggia a tratti, ammicca al pubblico in una captatio benevolentiae che, visti gli applausi scroscianti, non è necessaria.Ma ha una gran voce, perdio, di quelle che fanno vibrare l'aria, e affanculo gli snob detrattori. Una pausa acustica, sediamoci e guardiamoci un pò meglio. Con calma. Vi ricordate l'unplugged? E' Cantrell il protagonista: " Down In A Hole ( cazzo, non l 'ho riconosciuta, convinto che non tutti i sogni possano realizzarsi così, solo perchè tu li sogni ). E poi, "Black Gives Way To Blue ", le immagini di Layne in sottofondo emotivo. Layne saluta e fa ok con il pollice alzato. Applausi, signori, non lacrime. Eroe di tutti noi sbalestrati, ti salutiamo così. Basta piangere, tu ci sei, presente, come quel cuore immane che pulsa e ci regala di nuovo un futuro. Scorrono via i pezzi, in un'acustica finalmente decente, in un tripudio di schitarrate e di scapicollate da metallari quarantenni, che per una sera se ne fottono dei dolorini e degli incipienti acciacchi. Come un calcetto con gli amici, ma un pò più psichedelico e mistico. Siamo alla fine. "Man in the box " fa a botte con la mia cervicale, e vince lei ( la canzone ). Ai punti, che un ko pulito è ormai solo un sogno. C'è un ragazzo laggiù sotto il palco che ero io, quando avevo ventanni. Lo invidio. Lo guardo quanto si sbatte, naufrago nella tempesta, e lo invidio. Dio ci regala questo amore per il rock, ma non il fisico per viverlo come amanti appassionati. Ci proviamo, noi , che viviamo seduti davanti a un computer, a lucidare l'antica gloria, ma siamo dei Baggio a fine carriera: dieci minuti fatti bene, non puoi chiedermi anche di recuperare a centrocampo. Palpito, felice. Ci sono i bis, e " Would ? " che non arriva. No, arriva, arriva…Un pensiero torna ancora a quegli anni e scivola fra le note tossiche di " Rooster" , compendio finale di un concerto che lascerà strascichi. Di gioia, e di una giovinezza che il rock mi restituisce ogni volta. E se anche non ho, non abbiamo, una vita come quella di un ventenne, martire ed eroe sotto il palco, tornando a casa mi pare che tutte le cravatte del mondo siano scomparse, che il nostro grigio sia ora di una tonalità accesa, e che la nostalgia, francamente, se ne possa andare affanculo. Penso che sono e sarò sempre un assolo di chitarra in un boato di rock'n'roll. Che è davvero tutto ciò che desidero essere.
Aggiungo a anche questa. Nel 1996, Layne era già al limite.Ma aveva ancora una voce capace di far tremare i polsi...
Blackswan, sabato 14/01/2011
17 commenti:
Storia.
Un'altra bella ed emozionante pagina della storia del rock raccontata con
trepidante partecipazione, e grande nitidezza di particolari e di sensazioni...Anch'io ho i capelloni lunghi e grigi..ma sto aspettando a tagliarli da un bel po'..
un affettuoso saluto.
Eppure di carne al fuoco ce n'è tanta anzi parecchia come canta jannacci.
L'Italia declassata,il sottosegretario che si fa la vacanza con i nostri soldini e mesi dopo,scoperto,ne finge il pagamento.L'ennesimo crollo a Pompei,solo due mesi prima Napolitano sbraitava vergogna, ora è un trafiletto a pagina 34(trentaquattro!) di Repubblica.
Un ministro del governo Monti nei guai per una casa in tipico Scaiola style e la notizia è soffusa e non diffusa ovunque, infine il Mucchio selvaggio, storica ed importante rivista musicale che tanto si era prodigata contro il governo Berlusconi ed ora, ironia della sorte, quasi in bancarotta causa i tagli all'editoria del nuovo governo.
E tutto questo malloppo che ai tempi di Silvio avrebbe generato una dozzina di infuocati post, ora, ai tempi dello spread dimenticato, produce un interessante recensione di un concerto di Alice in chain.
E allora...let's rock!
gianf
quanto ci manca layne...cazzo...stupendo il finale del tuo articolo...sarebbe bello trasformarsi in un boato, entrare nella pelle e nella mente come un flusso ininterrotto...buena suerte
@ Overthewall : anche della migliore,direi...
@ Mr.Hyde : amico mio,tieniteli finche puoi.I miei non sono ancora imbiancanti,ma lunghi si.Ci tengo :)
@ Gianf : se avessi il tempo,te lo assicuro,caro Gianf,scriverei di tutto.A me le schifezze fanno rivoltare lo stomaco,non mi interessa che provengano da destra o da sinistra.Faccio quello che posso col tempo che ho a disposizione.Ti assicuro che su questo blog,ho attaccato tutti, anche Vendola,Bersani e Di Pietro.Poi,lo sai anche tu,sto a sinistra e sono partigiano,non te lo nego.ma amo la verità, o almeno la speranza di poterla raccontare sempre con occhio obbiettivo.Questo blog nasce soprattutto perchè io amo la musica e mi piace raccontarla.E pensa,che mentre componevo questo post pensavo a te e al fatto che,probabilmente,avremmo condiviso il nostro comune amore per il grunge.Almeno su certe cose,sarebbe bello riporre le armi.Un abbraccio sincero.:)
@ Chand : grazie mille per essere passato e aver commentato.A me Layne manca tantissimo.Mi ha regalato momenti di pura emozione.Buona suerte anche a te :)
Grandissimo Layne e ottima recensione
Bellissimo post, toccante.
Stessa esperienza vissuta nel Giugno 2010. Grandi emozioni (e post più scarso qui) nonostante l'assenza del grande Layne Staley.
Sottolineo qui la bravura di Duvall però che rischia di rimanere schiacciato senza colpa dal paragone con il suo predecessore. Un cantante bravissimo amalgamatosi perfettamente in una band che con il giusto impegno potrebbe offrire ancora qualcosa.
Unica rettifica da fare al mio vecchio post, con rammarico peraltro, è che forse il pubblico non era poi così numeroso. Vedere la gente accorsa nella stessa location per i Litfiba mi ha fatto mettere in prospettiva le cose.
Ho assolutamente apprezzato il post e anzi ti ringrazio.Constatavo semplicemente come le cose fossero cambiate in così poco tempo e nel caso di questo blog, in meglio
Let's rock, appunto.
gianf
Forse l'unico gruppo grunge che ho veramente amato (insieme ai primi pearl jam) e in particolare i due ep: sap e jar of flies.
Una delle canzoni che suono più spesso è "No Excuse".
Purtroppo non li ho mai visti, ma ho impresso il ricordo della voce straziante di Layne in quello splendido mtv unplugged.
@ Massi : grazie,amico mio :)
@ Firma : corro a leggere la tua recensione.Duvall è un 'ottimo cantante.Ultimamente ha cantato anche per gli MC5.E' uscito un dvd live di un concerto tenutosi in condominio con i Primal Scream.prima o poi ne parlo.
@ Gianf : :)
@ Lucien :Ho messo un video anche da quel famoso unplugged.Se quest'estate ci vediamo,porta anche la chitarra che sappiamo come accompagnare la birra :)
Adesso è definitivamente assodato: tu sei il gemello uscito per primo, e mentre mi davo da fare per uscire pure io ti sei fregato la radio. :D
La tua Sapienza musicale è per me inarrivabile. (Mi consolo soltanto col fatto che uscendo per secondi, a quanto pare, si può diventare scrittori...) :-))))
Forse il più bel post che abbia letto in questi anni di blog.
Grazie per le belle parole spese per descrivere la fratellanza di chi condivide la passione per la musica, strumento più che sottofondo, ad una lotta quotidiana per la realizzazione dei propri sogni, inevitabilmente calpestati da un mondo a cui forse non apparteniamo del tutto; Noi, che preferiamo gli assoli alle grida, Noi, che amiamo guardare la pioggia bagnare le strade nella vana attesa che "un eroe vi si erga" e ci tiri fuori dal "buco" in cui ci siamo cacciati.
Meno male che a volte, ai concerti i sogni s'avverano.
Un abbraccio sincero da uno di quei Fratelli che forse non incontrerai mai, ma che la pensa come te.
Da quando ti conosco ci sono quelli di YouTube che mi pedinano perché vorrebbero avermi come ospite d'onore alla Serata di Premiazione Utenti più Frequenti: io me la tiro come una regina, ma solo perché non vorrei che scoprissero che i meriti non sono propriamente miei :)
Oggi a CasaMia ho a disposizione l'acustica di una Valle per ascoltare tutto l'album, mentre cerco di non pensare che io lo sto ascoltando miseramente a freddo, e non ho nulla, nemmeno i ricordi nostalgici, di quell'atmosfera, di quella comunanza, di quella passione!!
album e gruppo straordinari.
che ricordi.
@ Zio : mi pare che non sia una consolazione da poco :)
@ Viktor : grazie a te per essere passato e per la gentlezza del tuo commento.Ti lascio l'augurio che la musica resti sempre il carburante nobile che accende i nostri sogni :)
@ Elle :la comunanza vive oltre i ricordi e la nostalgia.Credo che basti la condivisione della musica a renderci simili :)
@ Andrea :mi piace talvolta tirar fuori dal cassetto questi ricordi e condividerli :)
Beh, qui si sfonda una porta aperta perchè a quel concerto c'ero, e c'ero con Blackswan, con Charlotte the Harlot ed altri amici.
Che dire?
Musicalmente nulla perchè ha già detto tutto l'autore.
Sulla solitudine di Staley penso che ognuno muoia solo, e gli artisti muoiono più soli degli altri.
E' successo anche a Janis Joplin, a Jim Morrison, a John Bonham.
Vissuti nella gloria e nella ricchezza, chi più chi meno, circondati di gente adorante, ma il demone di ciascuno di loro (o la loro troppo spiccata sensibilità, che a volte è lo stesso) li attendeva in agguato, sapendo che prima o poi sarebbero rimasti soli.
E così se ne vanno, questi nostri eroi, da soli e in silenzio.
Vivono però in noi e nelle nostre vite, vivono ogni volta in cui uno sbarbato o un brizzolato come me schitarrano le loro note sotto un palco, o in macchina, o andando a piedi in qualche posto del cazzo dove vorremmo non dover andare.
Quindi faceva bene Staley a fare ok col pollice alzato.
Lui andava a stare meglio, e a noi diceva tranquilli, quello che di me vale io ve lo lascio.
Beh, che dire?
Sapevo che questo post prima o poi sarebbe arrivato!
E posso solo ringraziare Blackswan per avermi fatto tornare a quel fantastico concerto.
Seppur per breve tempo oggi sono stata fuori da questo ufficio, grazie davvero :-)!
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