Un giorno, quando vincerò la mia atavica paura per gli aerei, salirò
su un jet e punterò dritto verso gli Stati Uniti, destinazione Jacksonville,
Florida. Che non è solo un bel posto da vedere, ma è anche, e soprattutto, una
delle più prolifiche fucine musicali della storia del rock. Southern rock, per
la precisione. Jacksonville ha prodotto i Lynyrd Skynyrd, i 38 Special, i Molly
Hatchet e i Blackfoot, e non so se mi sono spiegato. A Jacksonville è cresciuto
anche JJ Grey, musicista sottovalutato, questo è fuori di dubbio, tanto da
essere considerato anche negli States un fenomeno di culto. Di questo artista,
fino a qualche mese fa, conoscevo poco o niente, avendolo scoperto solo di
recente, grazie all’ascolto di un infuocato (termine abusato ma nello specifico
indispensabile) live, intitolato Brighter Days e uscito nel 2011, che una volta
inserito nel lettore produce una perniciosissima dipendenza da heavy rotation (in
Italia lo trovate solo d’importazione o potete scaricarlo a poco meno di 9 euro
su iTunes). A ritroso, quindi ho riscoperto tutti i suoi dischi, e in questi
giorni il mio stereo pompa a tutto volume, con massima soddisfazione del
vicinato, quest’ultima sua fatica, This River. JJ Grey, meglio dirlo subito, ha
la pella bianchissima ma un’anima così nera che più nera non si può. Il suo
roots rock guarda ai grandi nomi poc’anzi citati, ma è solo una sbirciatina, perché
in realtà le sue canzoni trasudano negritudine : moltissimo funky, e poi blues,
rhythm & blues, e vagonate di soul. Tanto che l’ascolto del disco fa venire
in mente, oltre che un parallelo con un’altra grande band di southern rock, i
Widespread Panic (andatevi a riascoltare lo swamp funky di Night Of Joy), soprattutto
alcuni nomi illustri della scena black music, quali James Brown, Otis Redding o
Salomon Burke. JJ Grey, che forse manca di un po’ di originalità compositiva,
ha però dalla sua un approccio all’esecuzione di chi è più abituato a suonare
dal vivo che a stazionare negli studi di registrazione. Ecco perché This River
colpisce soprattutto per l’immediatezza e la potenza del groove, come se invece
di essere un disco composto da canzoni fatte e finite, palesasse semmai un’anima
da improvvisata jam session. La musica di JJ Grey (supportato da una band
talentuosissima, i Mofro) scorre proprio come il St. John’s River che
attraversa Jacksonville e a cui l’album è dedicato: a volte, lenta e sinuosa,
più spesso impetuosa e spumeggiante. Canzoni come l’iniziale Your Lady, She’s
Shady e Florabama (che potrebbe tranquillamente essere inserita in uno
qualsiasi dei dischi di Prince) resusciterebbero al dancefloor anche i morti,
mentre Write A Letter a la title track possiedono un trasporto soul così sincero
che è impossibile non commuoversi. Un disco perfetto per tutti coloro che amano
la musica nera ma non sanno proprio rinunciare a una chitarra rock.
VOTO : 7+
Blackswan, sabato 18/05/2013
9 commenti:
Precisiamo....prima di jacksonville mi devi una visita a Madrid...ergo...milano-madrid-miami ;))))
Mi precipito subito a scaricarlo..
Ti credo sulla parola..
Smack!
@ Offhegoes : si scriveva tanto per dire, per fare un pò di letteratura :)
@ Nella : con il link che ti ho dato dovresti metterci una ventina di minuti. e ne vale la pena.:)
Sembra ottimo anche questo album, al primo ascolto, anche se non è esattamente il mio genere :)
Ma uomo, mi vuoi dire che tu non voli???? ;)
Mi piace, grande ritmo, grande energia.Ricorda molto Prince, anche nella voce.
Mi fido anch'io dei tuoi pareri!
blackswan, pronto? siamo nel 2013.
pretendo una recensione del nuovo immenso disco dei daft punk! :)
@ Mist : il disco è molto bello davvero.
@ Gioia : Nemmeno se mi minacciano di morte.
@ Mr Hyde : il pezzo postato è princiano di bestia. Il resto del disco un pò meno.
@ Adriano : Grazie :)
@ Marco : quella ciofeca di musica può piacere giusto a te e Cherotto, che l'altra sera ha provato a vendermelo come capolavoro.Ma mi faccia il piacere ! :)))
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