Il
nome di Andrew Stockdale ai più dirà poco o niente. Ma se cito i Wolfmother
molti di voi faranno un piccolo sobbalzo sulla sedia. Australiani, due dischi
all’attivo, i Wolfmother con il loro omonimo album d’esordio del 2005 fecero
gridare al miracolo folte schiere di nostalgici dei mitici anni ’70. Il loro
hard rock revival, che pescava a mani basse dai dischi di Led Zeppelin, Deep
Purple, Grand Funk Railroad e Black Sabbath, era talmente datato che recensii
quell’album scrivendo che al secondo ascolto probabilmente vi sarebbero
cresciuti spontaneamete sia un bel paio di basettoni che le zampe di elefante
ai pantaloni. Eppure, visti suonare dal vivo durante il tour del disco, i tre
ragazzi di Sydney, non solo denotavano una caratura tecnica che non avrebbe
sfigurato innanzi ai mostri sacri poco sopra citati, ma esibivano soprattutto
una passione autentica per i classici, che fugava ogni dubbio di mero
citazionismo. Oggi, Andrew Stockdale, da sempre egotico padre padrone dei
Wolfmother, è rimasto l’unico membro originario della band, tanto che, dopo
aver lavorato tre anni al nuovo disco, ha deciso di accantonare
(momentaneamente?) il marchio di fabbrica e di pubblicare il nuovo lavoro
esclusivamente a proprio nome. Keep Moving, composto da una scaletta di 16
canzoni (l’eccessiva lunghezza del disco, data la qualità del materiale, non
pesa sulle orecchie degli ascoltatori) si muove per i consueti territori
seventies, in un patchwork equilibrato in cui si fondono e si alternano
impetuose tirate hard rock e brani più lenti, tinteggiati di folk psichedelico.
A svettare, tra i tanti pur bravi comprimari che hanno affiancato il biondo
chitarrista, è proprio Stockdale, la cui voce impossibile (se non fosse eccessivamente
irriverente direi che ci stiamo avvicinando al Plant dei tempi d’oro) domina
incontrastata per tutto l’album, caratterizzato altresì da un suono di chitarra
mai tanto asciutto ed essenziale. Tante belle canzoni, tutte derivative certo,
ma anche assai brillanti nel riproporre una formula musicale che in mano ad
altri apparirebbe frusta e stantia. A partire dal singolo Long Way To Go, zeppeliniano
fino al midollo, e dalla title track, che coniuga l’hard rock di derivazione
hendrixiana al funky, Keep Moving ci accompagna in un viaggio a ritroso nel
tempo, che si chiude con un un pugno di brani più morbidi, ma non per questo
meno incisivi (l’ottima Standing On A Corner che richiama alla memoria Sugar
Magnolia dei Grateful Dead). A dimostrazione che oggi Stockdale, messa da parte
la baldanza guascona degli inizi, è divenuto un musicista completo, che non
rinnega la propria anima rocker, piegandola semmai a più articolate soluzioni
melodiche e a una maggior cura e varietà degli arrangiamenti.
VOTO
: 7,5
Blackswan, sabato 16/06/2013
2 commenti:
Ho adorato i Wolfmother, tra l'altro come album cosmic egg mi piaceva addirittura di più del primo.
Il singolo che hai postato mi piace molto e l'album tra pochi minuti sarà già mio.
Razionalmente andrebbe stroncato perchè si ritira fuori roba di 40 anni fa però emotivamente è irresistibile quindi 2 thumbs up!
@ Euterpe : razionalmente hai ragione tu ! Però, questo ragazzo ha un'energia e un tiro pazzeschi ! E fa sembrare l'archeologia modernissima !
Posta un commento