Un Jason Isbell pettinato, sbarbato,
elegante nel suo completo scuro, ci guarda in un intenso primo piano di
copertina. Una foto certamente bella, ma che non ci trasmetterebbe nulla di
particolare se non fosse per quegli occhi tristi. Occhi di chi ha dovuto
spalare tonnellate di merda per poter tornare a guardare il chiarore del cielo, di chi ha
vissuto intensamente ogni istante, di chi ha conosciuto l'abisso e quindi una
lenta resusserrezione. La fuoriuscita dai Drive By Truckers (tre dischi e anni
di lunghissime ed estenuanti turnè), il divorzio dalla prima moglie Shonna
Tuker, la scommessa di una carriera solista, la scimmia dell'alcol che ti
afferra alla gola e non ti molla, il dolore della solitudine, l'amore ritrovato,
un nuovo matrimonio con Amanda Shires, e poi finalmente, la libertà dal vizio,
il ritorno a una vita normale. C'è tutto in quella foto di copertina: un uomo
ripulito ma anche un passato che ha lasciato strascichi, cicatrici e
ferite ancora sanguinanti, la speranza e il ricordo della
perdizione. Le dodici canzoni di Southeastern sono esattamente come
gli occhi di Isbell, ci raccontano quel passato, quella tristezza, gli abusi
dell'alcol, un nuovo inizio. Piccole storie che sono come confessioni, le parole
che dispiegano i lembi di un sudario ed espongono le piaghe, l'anima martoriata
di un uomo che è ancora vivo, a dispetto di tutto. Questa è la sincerità di chi
non ha più nulla da nascondere e da perdere, di chi vuole lasciarsi tutto alle spalle e
ricominciare la vita proprio dove inizia l'arte, la musica, la forza
taumaturgica del rock. Non ci sono lacrime, nè autocommiserazione, solo una
maturità compositiva che scarnifica la malinconia, che preferisce
raccontare invece che spiegare, trovare un motivo per ripartire (I've
grown tired of traveling alone, won't you ride with me, won't you ride?-
il country agrodolce di Traveling Alone) invece che recriminare.
Sono canzoni pervase da dolorosa quiete, accese talvolta da antiche scintille
southern (la possente Super 8), dal passo appena accelerato del folk
rock (Stockholm) o dalla spinta vitale di una sferragliante elettricità
(Flying Over Water). Piccoli intermezzi, però, quasi fossero una voce a stento
trattenuta in un dialogo dai toni intimi e confidenziali. Ed è
proprio attraverso la dimensione acustica che Isbell riesce a raccontarsi al
meglio, attraverso fragili bozzetti che, ascolto dopo ascolto, divengono grandi
canzoni, di quelle da serbare nel cuore per una vita intera: i fantasmi della dipendenza nell'iniziale Cover Me Up, la crepuscolare Live Oak, il pianoforte
discreto e nostalgico di Songs That She Sang In The Shower, il lirismo
neilyounghiano di Yvette, il pugno allo stomaco di Elephant, storia sgomenta di malattia e
morte.
Southeastern è un disco autunnale, vestito di pallido sole, di vento, di
passeggiate all'alba, di foglie che danzano nell'aria e si posano sui
nostri passi, secche riminiscenze di una vita passata, che una foto in bianco e
nero ha immortalato per sempre. Come gli occhi tristi di Jason Isbell
che ci si aggrappano all'anima e non ci lasciano più.
VOTO : 9
Blackswan, giovedì 29/08/2013