Estate 1973, Heaven's Bay, Carolina del Nord. Devin Jones, squattrinato
studente universitario, decide durante le vacanze di accettare un lavoro
in un luna park. Appena arrivato nel parco divertimenti, popolato da
strani personaggi, Dev scopre che il luogo nasconde un macabro segreto:
nella Casa degli Orrori si aggira infatti il fantasma di una donna
uccisa quattro anni prima in modo decisamente macabro. Per guadagnarsi
il magro stipendio, il ragazzo non dovrà soltanto intrattenere i bambini
con il suo costume da mascotte, ma anche combattere il male che
minaccia Heaven's Bay. E difendere la ragazza della quale nel frattempo
si è innamorato.
Joyland, il
trentacinquesimo romanzo a firma Stephen King, darà senz'altro un pò di conforto
a tutti quanti si sono sentiti orfani dopo aver finito La Verità Sul Caso Harry
Quebert di Joel Dicker. Certo, non siamo ai livelli di affabulazione (e anche
di lunghezza) di quello che, nell'opinione di chi scrive, è uno tra i
romanzi migliori del 2013. Tuttavia, le similitudini fra i
due racconti sono indubbiamente significative. In primo luogo, anche
in Joyland si racconta dell'efferato omicidio di una ragazzina, che
riemerge dal passato e sul quale il protagonista torna a indagare anni dopo.
Anche in questo caso, poi, il cuore del romanzo si sviluppa negli anni '70 e la
storia è ambientata sulla costa est degli Stati Uniti (qui, North Carolina, là,
New Hampshire). Ulteriori elementi che accomunano i due libri sono,
infine, i rapporti di amicizia e quelli sentimentali, nello
specifico, però, vissuti in prima persona da Devin Jones, giovane apprendista
giostraio e futuro giornalista, rispettivamente con un bambino disabile e la di
lui madre. Oltre a queste evidenti somiglianze con l'opera di Dicker, King
ci mette, ovviamente, anche del suo. In primo luogo, ammanta il racconto di
un'aurea di soprannaturale (senza tuttavia calcare la mano), che si rivelerà
determinante per lo snodo narrativo del finale (a dire il vero un pò
forzato). E soprattutto, torna a fare ciò che gli era riuscito benissimo
nel superlativo Stand By Me : raccontare, cioè, una storia di formazione,
spostando però il baricentro della narrazione dalla pre-adolescenza
all'adolescenza, e affrontando il tema della morte, della malattia e
dell'effimera volatilità dei sentimenti, quali dolorosi abbrivi per la perdita
dell'innocenza e il passaggio all'età adulta. Nulla quindi che non si sia
già letto, non certo il miglior romanzo di King, ma un libro che lo scrittore di
Portland riesce comunque a rendere credibile (che maestria nella
costruzione dei personaggi!), palpitante (l'epilogo adrenalinico sulla ruota
panoramica) e commmovente (il groppo in gola per la commozione nelle pagine finali è
assicurato). Sufficienza abbondante e piacevole lettura.
Blackswan, venerdì 13/09/2013
4 commenti:
La tua recensione mi riempie di piacere e di speranza. Sono stato un accanito lettore di King, nonostante io sia un po' snob nei confronti di una certa letteratura di vasto consumo.
Purtroppo, dopo It (che fra l'altro rievoca il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, un po' come citavi tu), ho fatto fatica a trovare qualcosa ad un livello paragonabile. Soltanto alcuni acuti, e tante performances deludenti.
@ Haldeyde : condivido la tua opinione. Questo è letteratura di intrattenimento. Però, King sa scrivere, sa tenere sulle spine e non è mai banale. Molti suoi libri lasciano tiepidi, ma ad esempio 22/11/63 è un capolavoro di genere.
Anche io sono un grande fan di King, il suo libro sull'assassinio di John Kennedy me lo sono divorato ed ho ritrovato l'autore cantore della storia americana in tutti i sensi, dalla quotidianità ai fatti più eclatanti. Acquisterò anche questo, e lo metterò insieme a tutti gli altri, in bella mostra sul mio scaffale.
@ Harmonica : indimenticabile il libro su Kennedy. Quando l'ho finito mi è sembrato di vivere un lutto.
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