Con molti imperdonabili mesi di ritardo rispetto al fatto, ho saputo ieri che il 12 marzo di quest'anno è morto a Londra Clive Burr, il primo batterista degli Iron Maiden, con i quali ha inciso i primi tre album della band prima di essere sostituito da Nicko Mc Brain.
Il che singnifica che l'ho visto tre volte dal vivo nei tre tour corrispondenti, la prima volta al Vigorelli nell'80, l'anno dopo al Rolling Stone e nell'82 non ricordo di preciso dove, poteva essere un teatro tenda dalle parti di San Siro.
Burr aveva da poco compiuto 57 anni, e da nove conviveva con una pesante forma di sclerosi multipla che lo aveva ridotto su una sedia a rotelle.
Le terapie erano molto costose e la band lo aiutava, forse, chissà, anche per lavarsi un po' la coscienza per averlo estromesso in occasione di una sua assenza originata dal fatto che gli era morto il padre.
Resta il fatto che per anni gli Iron hanno raccolto fondi per lui organizzando eventi dal vivo chiamati Clive Aid e costituendo la Clive Burr Foundation che finanzia molti progetti di ricerca sulla sclerosi.
Anche lui comunque era rimasto molto attaccato alla band, li andava spesso a trovare quando loro erano in tour in Inghilterra ed era bello vederli fotografati tutti insieme sul palco, senza rancori od imbarazzo ma solo felici di essere tutti lì.
Di questa scomparsa non avevo saputo nulla, l'ho scoperto ieri per puro caso andando sul sito di Paul Di'Anno, il primo cantante della band, che invece è ancora vivo, vivissimo, pure troppo, visto che fa dentro e fuori dalla galera.
E dunque, porcaccia miseria, un altro ragazzo che se ne va.
Che poi, ragazzo, aveva 57 anni, che magari sono pochi per andarsene ma aveva comunque vissuto.
E' solo che nel suo caso, complice il fatto che ultimamente non lo si vedeva in giro praticamente mai, ai miei occhi lui era sempre rimasto quell'inglese di 20 - 25 anni che menava come un forsennato (ma precisissimo) sulle pelli della mia band preferita.
Con la sua maglietta con lo Union Jack, la sua chioma biondastra un po' vaporosa (per dirla tutta, vista con gli occhi di oggi una testa improponibile), e con la sua bella faccia sorridente e sfrontata da giovane uomo che ha il mondo in mano.
Quale lui in effetti era all'epoca, e come un po' lo eravamo tutti noi.
E quindi, al di là del personaggio non notissimo ai più, mi piace rivolgergli un pensiero affettuoso ed un saluto, che è dedicato anche ai miei diciassette o diciotto anni di allora.
Miei e di quelli che come me pogavano e "suonavano" e tuttora pogano e suonano sotto quei palchi, o anche sotto altri palchi, in fondo non c'è poi molta differenza da questo punto di vista.
Up the hammers, Clive.
3 commenti:
Bravo a ricordare questi lavoratori nascosti e dignitosi di cui nessuno parla mai. RIP
Un bel ricordo, nemmeno a me era giunta la notizia della sua dipartita. Non ho mai avuto l'occasione di vederlo dal vivo.
Mi unisco al saluto.
Non si è mai in ritardo nel ricordare qualcuno che, a suo modo, ci ha accompagnato
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