Josh Haden ci aveva fatto attendere ben undici anni
prima di scrivere il seguito di I Believe (2001), tanto che, quando nel 2012
gli Spain tornarono sul mercato con il convincente The Soul Of Spain molti non
credettero alle proprie orecchie. D'altra parte, far trascorre
un decennio tra un disco e l'altro è davvero inusuale per una rock band. A
meno che, vien voglia di pensare, la lentezza della produzione intendesse riflettere
quell'aura di mistero e di spiritualità che da sempre pervade le
canzoni del gruppo. Oggi, un pò a sorpresa, gli Spain sfornano un altro disco,
con un titolo che omaggia una via del quartiere di Echo Park, in quel
di Los Angeles, ove risiede lo studio del produttore Guy Seffert (Beck,
Black Keys, etc.) in cui il disco è stato registrato. Solo due anni di attesa,
questa volta, e la sensazione che Josh Haden si sia risvegliato dal lungo
letargo con un surplus di ispirazione e molte idee da realizzare. Un forma
artistica ritrovata, quindi, e uno stato di grazia che si percepisce fin
da subito nelle nuove sonorità che informano la scaletta di un disco che
si discosta da tutti i precedenti lavori. Se il punto di forza delle canzoni
degli Spain era sempre stata la lentezza esasperata di una musica pregna di
sacralità e malinconia, oggi l'impressione è che Haden abbia normalizzato il
suo songwriting, ponendo maggior attenzione alle ritmiche e al groove.
Così, se prima gli arrangiamenti erano raffinati e quasi elusivi, se i
testi suggerivano più che spiegare e se le canzoni guardavano più al jazz che
al rock, Sargent Place invece imbocca talvolta la strada
dell'accelerazione (il sapore sixties di Sunday Morning in cui hammond e
chitarra si rincorrono) e suona decisamente più bluesy e più rumoroso (le
distorsioni della magnifica Love At The First Sight), più notturno e cupo che
malinconico. Ciò non toglie nulla alla capacità di Haden di scrivere belle
canzoni, di cui anche questo nuovo album è pieno. Eppure, sono canzoni diverse,
più dirette, meno cerebrali e per questo, forse, un pò meno fascinose. Il
marchio di fabbrica resta comunque riconoscibile e chi ama gli Spain non farà
fatica a perdersi nelle pieghe di un disco che, forse per la prima volta, esce
però dalla consueta nicchia di uno slowcore ipnotico e
narcolettico.
VOTO: 7
Blackswan, giovedì 20/03/2014
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