Chi ha ascoltato almeno un
disco degli Hold Steady sa esattamente di che livello qualitativo stiamo
parlando ogni volta che parliamo del gruppo proveniente da Brooklyn. Per tutti
gli altri giovano due parole di presentazione che servono a inquadrare una
delle band più interessanti degli ultimi dieci anni. Già, perché Teeth Dreams
esce esattamente a dieci anni di distanza da Almost Killed Me (inserito da Rolling
Stones nel novero dei 100 dischi più belli del decennio scorso), esordio
straordinario che sarà da abbrivio per una carriera con tanti momenti luminosi
(i primi tre album della band, a parere di chi scrive, sono imperdibili) e
pochissimi attimi di stanca (Heaven Is Whenever del 2010 potremmo definirlo “solamente”
un buon disco). Imprevedibili, originali, dotati di una potenza narrativa che
non fatichiamo a definire epica, gli Hold Steady possiedono la capacità di
raccontare l’America con uno slang tipicamente “americano” ma mai monocorde,
riuscendo semmai a tessere una trama in cui il classico rock a stelle e strisce
si innesta in un tessuto musicale colorato anche di punk, di folk, di emo e di
tutte quelle sonorità che siamo soliti definire alternative o indie per poter
spiegare in modo semplice ciò che non suona convenzionale. Il ritorno sulle
scene dopo quattro anni di silenzio, vede una band, se possibile, ancora più in
palla, che se si distanzia dagli esordi per una maggiore maturità
(invecchiando, si sa, i punti di vista si modificano), si dimostra a ogni modo
altrettanto vitale, anzi quasi debordante nel suo approccio energetico. Teeth
Dreams è un signor disco di rock ‘n’ roll, le cui undici tracce (dieci più una
bonus track) si ascoltano in un fiato, una dietro l’altra, senza bisogno di
staccare mai, ma anzi con il sottile brivido di piacere che prelude la sorpresa
di scoprire cosa ci attende nella canzone successiva. Una corsa a rotta di
collo fra riffoni assassini e ballate agrodolci che rappresentano l’essenza
stessa del rock: nudo e crudo, essenziale e polveroso, epico. Undici canzoni
coese da una filo conduttore così solido da farci comprendere fin dal primo
ascolto di essere di fronte a una band che ha le idee chiarissime e sa come
esprimerle al meglio. Non una sorpresa, considerata la precedente discografia
degli Hold Steady, ma l’intenso brivido di un ritrovato amore.
VOTO: 8,5
Blackswan, domenica 20/04/2014
2 commenti:
Ma bella questa!
Ora la metto come colonna sonora del pranzo...meno male che non c'è la nonna :)
Auguri ragazzo!!!!
da sentirsi con adeguato volume...
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