Nel 1995, alla soglia dei cinquant'anni, Emmylou
Harris è una stella del firmamento country, un'artista che non deve più
dimostrare nulla a nessuno. Gli esordi battezzati dal pigmalione artistico con
Gram Parsons, le svariate collaborazioni con musicisti del calibro di Bob
Dylan, Neil Young, Linda Ronstadt, ventitre album pubblicati da solista a
partire dal 1969 l'hanno resa una delle donne più influenti del panorama
musicale a stelle e strisce. Eppure, nonostante tanto meritato successo, la
Harris non ha mai perso il desiderio di mettersi in gioco, di provare altre
strade, di contaminare la propria idea di country sconfinando verso altri
generi, rock in primis.Wrecking Ball è in tal senso il suo album più
sperimentale, nato dalla collaborazione con il produttore canadese Daniel
Lanois, che già aveva messo mano con successo, tra gli altri, a dischi
degli U2 (Unforgettable Fire,The Joshua Tree) e Bob Dylan (Oh Mercy). Il
risultato è un album insolito e coraggioso, dalle atmosfere crepuscolari e
impreziosito da arrangiamenti che danno un nuovo volto, forse mai così sincero,
alle interpretazioni della Harris. Dodici canzoni, prevalentemente covers,
alcuni brani di Lanois e due pezzi cofirmati dalla Harris, che nel
1996 varranno alla cantautrice dell'Alabama un Grammy Award come miglior
disco di folk contemporaneo. Where Will I Be, brano di apertura a firma
Lanois, è indicativo di quanto importante sia stato il lavoro del
canadese, che rielabora sonorità pop alterandole con l'inserimento di un
tempo leggermente in levare e di una chitarra che ci investe con
reminiscenze frutto della collaborazione con gli U2. Un connubio, quello con il
gruppo irlandese, che porta Larry Mullen Jr. a suonare la batteria in ben
nove brani dell'album, come nella riuscita cover di Every Grain Of Sand,
pescata dal repertorio di Bob Dylan, o nella splendida, dolente ed
evocativa title track, brano a firma Neil Young, che peraltro compare
anche alle armonie vocali. A fianco della Harris, in ben tre canzoni,
compare anche la chitarra acustica di Steve Earle, la cui Goodbye, seconda
traccia in scaletta, è probabilmente il punto più alto di Wrecking Ball, un
disco tanto bello che in molti hanno parlato di vertice della discografia della
Harris e di uno dei migliori album del decennio. L'edizione deluxe di cui alla
presente recensione è ricchissima di materiale che farà la gioia di fans e
completisti: oltre al disco originale, perfettamente remixato, per una ventina
di euro vi portate a casa un booklet suntuoso, introdotto dalle parole
di Gillian Welch, un dvd sul making of del disco, e soprattutto un secondo
cd composto da tredici outtakes dalle sessioni di registrazioni, di cui
quattro inedite. Tra le gemme, due straordinarie covers di Stranger Song di
Leonard Cohen e How Will I Ever Be Simple Again dell'ex Fairport Convention,
Richard Thompson. In poche parole, una meraviglia.
VOTO: 9
Blackswan, mercoledì 28/05/2014
3 commenti:
La trovo sempre sulla cresta dell'onda, una evergreen fantastica!
Serena serata caro Blacky!!!::::)))))
Provvederemo.
Buona serata Nellina e Black :)
Circa a metà degli anni settanta stavo diventando "signorino" e non so se ero più attratto fisicamente dai dentoni e dal visino della bella Emmy o dalle "bocce" dell'ammaliante Carly Simon.
Ma a quei tempi, che poppe aveva la Carly sulle copertine dei dischi ??
Oggi non avrei dubbi : Emmylou per tutta la vita. Gran signora, gran classe e gran voce.
Ovvero: 'mazza come sono invecchiato!!!!!!.
Un abbraccio.
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