Goin’ Home è un titolo più
che appropriato per il nuovo full lenght di Kenny Wayne Sheperd. In primo
luogo, perché il chitarrista è tornato a vivere con la famiglia a Shreveport,
città della Lousiana che gli ha dato i natali. E poi, e questo è l’aspetto più
saliente, perché finalmente KWS, dopo un album decisamente rock (How I Go del
2011) e la parentesi coi The Rides a fianco di Stephen Stills, è tornato al
vecchio amore di sempre, il blues. E che blues! verrebbe da dire ascoltando le
undici tracce (quattordici per chi acquista la deluxe edition) di un disco che
suona elettrico, sanguigno e sincero come pochi. Kenny, gli appassionati lo
sanno bene, si contende con Joe Bonamassa la palma del miglior chitarrista rock
blues in circolazione. Ma se Bonamassa, che è sicuramente più tecnico, ha ormai
inflazionato la sua immagine con una iper produzione discografica a cadenza quasi
bimestrale, Sheperd, i suoi dischi, li prepara con attenzione, prende tempo, si
mette in studio solo se ha davvero qualcosa da dire. Insomma, se in Bonamassa c’è
più polpa, in Sheperd prevale decisamente il succo. Così Goin’ Home arriva solo
a tre anni dall’ultimo album in studio e nasce dal desiderio di omaggiare i
grandi del blues, quegli eroi di un tempo antico le cui canzoni, oltre che
patrimonio del popolo americano, hanno contribuito alla formazione musicale del
trentaseienne chitarrista di Shreveport. In scaletta, davvero, non sembra mancare
nessuno : Muddy Waters, Albert King, Freddie King, B.B. King, Willie Dixon,
Stevie Ray Vaughn, Bo Diddley and more. Per far le cose veramente bene, Sheperd
ha poi invitato in studio un discreto parterre di ospiti, di quelli peraltro che fanno drizzare
immediatamente le antenne a tutti coloro che hanno una conoscenza appena
accettabile della scena rock a stelle e strisce: Ringo Starr (unico british man
presente), l’ex chitarrista degli Eagles, Joe Walsh, Warren Haynes (Almann Brothers
Band e Gov’t Mule), Keb’ Mo’ (di cui abbiamo appena recensito il nuovo album,
BluesAmericana), Robert Randolph, Kim Wilson dei Fabulous Thunderbirds, il
concittadino Pastor Brady Blade e i fiati scintillanti della Rebirth Brass Band.
Ottima anche la scelta delle canzoni, visto che Sheperd è andato a pescare nel
repertorio degli autori poc’anzi citati, evitando però scelte scontate (l’unica
canzone conosciuta a chi frequenta poco il genere è You Can’t Judge A Book By
The Cover di Willie Dixon, rifatta l’anno scorso anche dagli Strypes nel loro
disco di esordio), per puntare invece su brani meno noti, ma non per questo
qualitativamente meno validi. La band di Sheperd, poi, è un gruppo dai
meccanismi oliatissimi, che suona a memoria, con impeto e tecnica sopraffina
(alla batteria, per dirne una, c’è Chris Layton, ex componente dei Double Trouble
di SRV). Il risultato finale è un disco di blues elettrico che possiede un’energia
pazzesca, di quelli insomma che si ascoltano in piedi, pronti a caracollare al
ritmo di uno scatenato rockin’blues (la travolgente
House Is Rocking di Stevie Ray Vaughn) o a imbracciare una air guitar per
inseguire i frenetici assoli di Kenny Wayne e soci (l’Albert King di Breaking
Up Somebody’s Home con Le chitarre di Sheper e Haynes che duettano alla grande,
è meglio di un orgasmo). Goin’ Blues in definitiva risulta, a parere di chi
scrive, il miglior disco inciso da Sheperd, il quale, quando maneggia la
materia che conosce meglio, ci fa dire senza mezzi termini che probabilmente
oggi il più grande di tutti è proprio lui (ascoltate l’assolo di You Done Lost
Your Good Thing Now e capirete il perché). Travolgente, palpitante,
filologicamente corretto, profondamente blues. Musica per vecchi un cazzo.
VOTO: 9
Blackswan, sabato 17/05/2014
2 commenti:
Non ho argomenti razionali per motivare la mia affermazione, ma non ci sono Johnny Lang o Joe Bonamassa che tengano: KWS è il bluesman moderno a cui sono più affezionato.
@ Monty: io invece sempre indeciso. Bonamassa è più tecnico e più eclettico, KWS è sanguigno come poi. Ai posteri l'ardua sentenza.
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