I Wovenhand sono una di quelle band in relazione alle
quali non esistono mezze misure: o si odiano o si amano. Difficile che
suscitino tiepidi consensi, che "piaciucchino" o producano
solo un "certo" interesse. Il fatto è che David Eugene
Edwards, padre padrone del gruppo, così come lo era dei compianti 16
Horsepower, possiede una visione musicale che appare immutabile (salvo, da
ultimo, alzare un pò il volume degli amplificatori), e da vent'anni
ormai si esprime attraverso canoni espressivi che non sono cambiati di una
virgola. Una tale coerenza artistica, tetragona rispetto
alle mode, ai tempi e ai gusti che cambiano, è davvero un bel fardello da
portare, perchè impone una scrittura che, non essendo (più) innovativa,
deve quantomeno essere brillante e sincera. Insomma, sta bene riproporre
la consueta formula di un goth-folk che trasuda psichedelia e misticismo, che
guarda ai nativi americani, al vecchio west e a una rilettura cupa, quasi
ossianica, di certe influenze punk; ma se poi mancano le belle canzoni, tanta
commendevole fedeltà alle proprie idee finisce per partorire solo il
classico "topolino". Che piacerà comunque ai tanti fans della band di
Denver e produrrà invece il consueto schifato distacco tra tutti coloro che
vedono in Edwards un mezzo matto con velleità predicatorie. In tal senso,
Refractory Obdurate non aggiunge e non toglie nulla a quanto già si conosceva a
proposito dei Wovenhand: atmosfere cupe, chitarre in bell'evidenza, interplay
fra acustico ed elettrico, la voce di Edwards, filtrata, distorta e
melodrammatica, che sembra provenire dall'oltretomba e che ci racconta, in
toni apocalittici e biblici, la pericolosa deriva intrapresa dal genere
umano. In scaletta, non mancano poi le belle canzoni, come l'iniziale
Corsicana Clip, Good Sheperd e Hiss, tutte strutturate come vuole la
miglior tradizione della casa. Bastasse solo questo, saremmo felici e contenti
di parlare dell'ennesimo buon disco targato Wovenhand. In realtà, la medesima
formula che si ripete da un ventennio comincia a dare segni di stanchezza e a
mostrare un pò la corda. Ne deriva che da fan della band quale sono (non
mi sono mai perso un disco dei 16 Horsepower e dei Wovenhand ), sarei
istintivamente portato a concludere questa recensione votando un sette
pieno, con la riserva mentale, peraltro, di essere stato un pò stretto di
manica. Tuttavia, poichè questo breve articolo è destinato anche a coloro che
se ne fottono dei gusti del sottoscritto e si attendono un minimo di
obiettività, proporrei la classica sufficienza che si riserva a chi,
seppur con classe e gusto, ripete da sempre le stesse cose. Cercando di
mediare, facciamo 6,5 e non se ne parli più.
VOTO: 6,5
Blackswan, sabato 10/05/2014
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