I 10.000 Maniacs furono una delle realtà pop rock più
interessanti a cavallo fra gli anni '80 e '90 (recuperate In My Tribe del 1987
e Blind Man's Zoo del 1989), e lo furono sicuramente fino al 1993, quando
Natalie Merchant, cantante e frontwoman della band, decise di intraprendere la
carriera solista. Quella deriva in solitaria produsse Tigerlily (1995) piccolo
gioiello super premiato dal pubblico e dalla critica grazie a un filotto di
singoli spettacolare (Carnival, Jealousy e Wonder), Ophelia del 1997, un live e
parecchie collaborazioni (Philip Glass su tutte). L'ultimo album di brani
originali, Motherland, è datato 2001, mentre i successivi, The House
Carpenter's Daughter (2003), Retrospective: 1995-2005 (2005) e Leave Your Sleep
(2010, sono rispettivamente una raccolta di brani folk tradizionali, un
greatest hits e un doppio concept album dedicato all'infanzia. Per questo
motivo Natalie Mechant rappresenta un ritorno sulle scene a tutto tondo dopo
ben tredici anni di attesa. Tredici anni in cui la diciassettenne Natalie
(tanti anni aveva quando inizio la carriera con i 10.000 Maniacs) si è
lentamente costruita una ben definita personalità artistica, ha fatto
tesoro delle più disparate esperienze musicali (Billy Bragg, Peter Gabriel,
Tracy Chapman) ed è maturata parecchio anche sotto il profilo del songwriting,
trasformando le iniziali e acerbe pulsioni college rock post
adolescenziali nelle sonorità di un pop rock adulto, consapevole, ricco di
sfumature e di significati anche sotto il profilo testuale (Natalie è
politicamente attiva con Amnesty International e con l'American Indian
Movement). Non deve sorprendere quindi il nuovo full lenght della Merchant
(di origine italo-irlandese ma nata negli States) sia un disco riflessivo,
malinconico, elaborato negli arrangiamenti e sostanzialmente lontano da ogni
possibile etichettatura. Qui c'è solo Natalie, come il titolo suggerisce, e la
sua musica. Una musica che spazia fra generi, pur mantenendo un'unitarietà
d'intenti che solo chi ha i capelli grigi e una carriera eccezionale alle
spalle può concepire. Con sicurezza, con lo sguardo lucido e con la capacità di
arrivare direttamente al cuore. Undici canzoni che solo verso la fine del
disco, quando gli arrangiamenti d'archi si fanno invasivi, sembrano perdere di
forza emotiva in ragione di una certa leziosità formale che mal
si concilia con la formidabile prima parte dell’album. Che
inizia con un pop soul da brividi (la sublime Ladybird) e prosegue con alcune
delle canzoni migliori che la Merchant abbia mai scritto: la tristezza
disarmante di Maggie Said e Texas (due ballate di fronte alle quali è
impossibile non inumidirsi gli occhi per l'emozione), gli archi (questa volta
azzeccatissimi) di Giving Up Everything (da brivido), ammiccamenti black music
(Go Down Moses) e una raffinata torch song dalle atmosfere fumose (Black
Sheep). Un disco poetico e non di facile assimilazione, che consiglio di
ascoltare con l'orecchio attento per cogliere anche la più piccola sfumatura
di una voce ancora oggi (anzi, forse di più) in grado di sedurre come ai
tempi di Eat For Two. Se tutta la scaletta fosse stata all'altezza dei
primi tre pezzi, staremmo ora parlando di capolavoro. Tuttavia, nonostante
un finale di disco che, come si è scritto, perde gran parte della
tensione iniziale, Natalie Merchant si candida a essere una delle opere più
fascinose del 2014.
VOTO: 8
Blackswan, domenica 22/06/2014
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