Ricordate
Warhouse: Songs And Stories, ultimo capitolo della saga Husker Du, datato 1987?
Quel disco mise la parola fine a uno dei capitoli più
intriganti e seminali della scena punk, un progetto durato solo un quinquennio
ma capace di influenzare successivamente una generazione (e forse anche di
più) di eroi del rock alternativo (sarebbero mai esistiti i Nirvana senza
la band originaria del Minnesota?). Dopo quel disco, Bob Mould, uno dei due
cuori pulsanti del gruppo insieme a Grant Hart, ha provato a sfogare la propria
creatività artistica in tutti i modi: attraverso il power pop dei Sugar,
sfornando una decina di dischi solisti, peraltro non tutti propriamente centrati,
pasticciando con l'elettronica e la dance (Modulate del 2002), tentando la
strada del cantautorato e approdando due anni fa su lidi decisamente duri con
il suo penultimo lavoro, Silver Age (2012). E' un piacere, quindi, e lo dico
soprattutto per i fans appassionati degli Husker Du, che Bob Mould abbia fatto
un deciso passo indietro verso le origini e sia tornato a muoversi in quei
territori nei quali, a parere di chi scrive, si è sempre trovato a suo
agio molto più che in altre situazioni. Non è un caso la copertina del disco,
in cui Mould, per usare un'espressione molto in voga in questo momento,
"ci mette la faccia": quella di un giovane musicista che cambierà
radicalmente la storia del rock, e quella di un uomo di mezza età, che
accantonati gli anni d'oro della propria carriera, deve far convivere bellezza
e decadenza, la predisposizione genetica al furore e gli acciacchi della
maturità. Ne è un caso aver citato Warhouse all'inizio della recensione,
visto che, dopo aver ascoltato questo nuovo disco, è proprio all'epilogo degli
Husker Du che ho ripensato. Beauty & Ruin è infatti un disco
che sposa nuovamente gli antichi suoni di quel leggendario capitolo,
lontani ormai quasi un trentennio eppure, nello specifico, niente affatto
impolverati. Mould replica se stesso da giovane, con testi che ovviamente
raccontano di disillusione e nostalgia, ma comunque ben saldo nella formula del
power trio (collaudatissimi i fidi Jason Narducy al basso e Jon Wurster alla
batteria) e in una rinnovata voglia di far casino. C'è un pò di tutto in
scaletta, a dimostrazione del fatto che Mould certa materia l'ha sempre saputa
trattare in modo non convenzionale, Giano Bifronte fra melodia e furore. Il
disco apre con Low Season, e vien voglia davvero di spellarsi le mani
ascoltando questo mid tempo rock in bilico fra oscurità e Neil Young. E' solo
il punto di partenza, però, per un corsa a perdifiato fra pop punk (il singolo
I Don't Know You Anymore), progressioni anfetaminiche (Little Glass Pill è
geneticamente Husker Du), ballate di elettrica malinconia (Fire In The City),
tirate punkettare (Fix It, Hey Mr. Grey) e momenti di rilassato ottimismo (Let
The Beauty Be). Potente, rumoroso, e al contempo, come la specialità della casa
prevede, incredibilmente melodico, Beauty & Ruin è il disco sincero di
chi sa guardarsi alle spalle con la consapevolezza di poter gestire senza
recriminazioni il presente. Giovane o vecchio, poco importa: questo è Bob
Mould. Semplicemente grande.
VOTO: 7+
Blackswan, mercoledì 02/07/2014
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