mercoledì 2 luglio 2014

BOB MOULD - BEAUTY AND RUIN




Ricordate Warhouse: Songs And Stories, ultimo capitolo della saga Husker Du, datato 1987? Quel disco mise la parola fine a uno dei capitoli più intriganti e seminali della scena punk, un progetto durato solo un quinquennio ma capace di influenzare successivamente una generazione (e forse anche di più) di eroi del rock alternativo (sarebbero mai esistiti i Nirvana senza la band originaria del Minnesota?). Dopo quel disco, Bob Mould, uno dei due cuori pulsanti del gruppo insieme a Grant Hart, ha provato a sfogare la propria creatività artistica in tutti i modi: attraverso il power pop dei Sugar, sfornando una decina di dischi solisti, peraltro non tutti propriamente centrati, pasticciando con l'elettronica e la dance (Modulate del 2002), tentando la strada del cantautorato e approdando due anni fa su lidi decisamente duri con il suo penultimo lavoro, Silver Age (2012). E' un piacere, quindi, e lo dico soprattutto per i fans appassionati degli Husker Du, che Bob Mould abbia fatto un deciso passo indietro verso le origini e sia tornato a muoversi in quei territori nei quali, a parere di chi scrive, si è sempre trovato a suo agio molto più che in altre situazioni. Non è un caso la copertina del disco, in cui Mould, per usare un'espressione molto in voga in questo momento, "ci mette la faccia": quella di un giovane musicista che cambierà radicalmente la storia del rock, e quella di un uomo di mezza età, che accantonati gli anni d'oro della propria carriera, deve far convivere bellezza e decadenza, la predisposizione genetica al furore e gli acciacchi della maturità. Ne è un caso aver citato Warhouse all'inizio della recensione, visto che, dopo aver ascoltato questo nuovo disco, è proprio all'epilogo degli Husker Du che ho ripensato. Beauty & Ruin è infatti un disco che sposa nuovamente gli antichi suoni di quel leggendario capitolo, lontani ormai quasi un trentennio eppure, nello specifico, niente affatto impolverati. Mould replica se stesso da giovane, con testi che ovviamente raccontano di disillusione e nostalgia, ma comunque ben saldo nella formula del power trio (collaudatissimi i fidi Jason Narducy al basso e Jon Wurster alla batteria) e in una rinnovata voglia di far casino. C'è un pò di tutto in scaletta, a dimostrazione del fatto che Mould certa materia l'ha sempre saputa trattare in modo non convenzionale, Giano Bifronte fra melodia e furore. Il disco apre con Low Season, e vien voglia davvero di spellarsi le mani ascoltando questo mid tempo rock in bilico fra oscurità e Neil Young. E' solo il punto di partenza, però, per un corsa a perdifiato fra pop punk (il singolo I Don't Know You Anymore), progressioni anfetaminiche (Little Glass Pill è geneticamente Husker Du), ballate di elettrica malinconia (Fire In The City), tirate punkettare (Fix It, Hey Mr. Grey) e momenti di rilassato ottimismo (Let The Beauty Be). Potente, rumoroso, e al contempo, come la specialità della casa prevede, incredibilmente melodico, Beauty & Ruin è il disco sincero di chi sa guardarsi alle spalle con la consapevolezza di poter gestire senza recriminazioni il presente. Giovane o vecchio, poco importa: questo è Bob Mould. Semplicemente grande.

VOTO: 7+





Blackswan, mercoledì 02/07/2014

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