Il metallo e l’aria, ecco
di cosa è composta la nostra anima. Tetragoni di fronte alle avversità della
vita, resistiamo come il metallo al passaggio delle intemperie; talvolta, invece,
scopriamo che la nostra anima è anche fragile e può vaporizzarsi, diventare
aria, essere risucchiata dall’universo, perdersi in grumi salati di lacrime.
Questo è un disco sul dolore, il dolore di un amore che è andato in briciole, irrimediabilmente
perduto; di un dolore che ci aggredisce e ci mette alla prova, attendendosi da
noi una reazione. A volte lo sopportiamo, come il metallo sopporta un peso,
altre lo subiamo, quando la nostra fragilità si rifiuta di combattere,
lasciandoci impalpabili, come l’aria che respiriamo. Metallo e aria, l’inizio e
la fine di un disco, l’inizio e la fine di un percorso: rielaborare il lutto e
la sofferenza, che prima ci opprimono e poi il tempo rende più leggeri,
restituendoci alla vita. C’è tutto questo nel nuovo disco di Grouper, al secolo
conosciuta anche come Liz Harris. Una fuga ad Aljezur, in Portogallo, per
allontanarsi dalla visione disarmante di un monumento eretto in nome dell’amore
e ore trasformato in rovine. Un folk minimale e intimista, lontano anni luce
dall’ambient dei lavori precedenti, pianoforte e voce, per provare ad allentare
la stretta del dolore attraverso la potenza evocativa della musica. Mettersi a
nudo, osservare le ferite, cercare il lenimento delle note, risollevarsi,
trovare una nuova luce, il riscatto. Il buio di un nuovo edificio, ove
nascondersi e registrare su un quattro piste ciò che non è più, ciò che non
saremo mai più. Tutt’intorno, l’eco di una natura leopardiana, che incombe nel
gracidare delle rane, ricordandoci che la sofferenza degli uomini e la loro
distruzione è necessaria perchè la specie si conservi. Si parte dal rintocco
funebre dell’iniziale Made Of Metal, si percorre una strada che dall’oscurità
conduce attraverso i fantasmi che infestano le rovine, si giunge a un nuovo
inizio (la conclusiva Made Of Air), in cui l’anima evapora verso un barbaglio
di sole. In mezzo, sei canzoni sgranate, dolenti, gravide di immani silenzi,
dagherrotipi di un mondo non più riproducibile, di una vita ormai trascorsa,
che solo il tempo ci restituirà, benigna, nella dolcezza malinconica di sfumati
ricordi. Ma prima occorre passeggiare sulle rovine, ferirci gli occhi alla
vista dei nostri detriti, superare lo sfacelo del nostro dolore. Perché il
metallo si trasformi in aria e ci lasci liberi.
VOTO: 8
Blackswan, sabato 06/12/2014
4 commenti:
un disco noioso come pochi.
non mi stupisce che ti piaccia... ;)
@ Marco: è vero, su MTV non lo passano :)
La recensione è molto bella e ispirata.
Ciao, volevo solo segnalarti che nell'episodio 15 di ORIGAMI LAND sei stato citato/omaggiato, adesso per ricambiare sei obbligato a vederti tutta la serie e a fare una recensione sulle musichine che gli fanno da colonna sonora e dire che sono belle. Sì, ormai mi son montato la testa e penso ad Ennio Morricone come ad un collega.
p.s.: no, dai, scherzo, però nell'episodio 15 ci sei davvero.
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