Scrivevamo proprio l'altro giorno a proposito della
iper prolificità di Joe Bonamassa, visto che non passano sei mesi senza che il
chitarrista originario di Utica pubblichi qualcosa (collaborazioni, live, full
lenght in studio). Oltre al bel live intitolato Muddy Wolf At Red Rocks
e dedicato a Muddy Waters e Howlin Wolf (la recensione è di domenica
scorsa), un mesetto fa Bonamassa ha infatti prestato la sua sei corde al nuovo
disco di Mahalia Barnes, trentaduenne figlia della grande rockstar australiana,
Jimmy Barnes. Per il quarto albun della sua carriera, Mahalia, che ha iniziando
a farsi notare partecipando alla versione australiana di The Voice, ha voluto
rendere omaggio auna delle più grandi interpreti del funk anni '70, ovvero
Betty Davis. Betty Davis, chi era costei ? Nata nel 1945 a Dhuram, North
Carolina, Betty Mabry (così il suo cognome da ragazza) a sedici anni si
trasferisce a New York, dove inizia una folgorante carriera di fotomodella e
diventa amica, udite udite, di due giovani e promettenti musicisti, Sly
Stone e Jimi Hendrix, che le trasmetteranno la passione per la musica. Nel
1967, conosce un altro signore molto famoso, che l’anno successivo diventerà
suo marito: Miles Davis. Insomma, la ragazza, che è una gran bella
ragazza, non si fa mancare proprio nulla, respira musica, la studia da
eccelsi maestri, frequenta i giri che contano. Soprattutto, Betty presenta
Hendrix a Miles Davis. Non un particolare di scarso rilievo, se si pensa che i
due musicisti iniziano a frequentarsi, a stimarsi e a influenzarsi a vicenda,
tanto che Bitches Brew, il meraviglioso disco di Davis che apre la stagione
della fusion ed esplora il confini estremi del jazz contaminato, è proprio frutto
di questa amicizia. Le cose, però, precipitano velocemente: Miles è
innamoratissimo di lei (le dedica Mademoiselle Mabry, quinta traccia di
Filles De Kilimanjaro, album del 1969 in cui la Davis compare anche in
copertina), Betty, invece, se dobbiamo dare credito ai gossip dell’epoca, un po’
meno, dal momento che cornifica il trombettista intrattenendo una liason molto
carnale proprio con l’amico Hendrix. Ne consegue un rapido divorzio e un
altrettanto rapido trasferimento a Londra, dove la Davis continua a posare come
modella e inizia a scrivere canzoni. Tornata negli States, la modella-cantante
pubblica Betty Davis (1973), They Say I’m Different (1974) il mirabolante
Nasty Gal (1975). Nessuno dei tre album ottiene il successo commerciale
sperato, e la Davis, delusa, chiude baracca, ritirandosi definitivamente in
Pennsylvania. Peccato, perché questo terzetto di dischi sarebbe in grado si
resuscitare alla vita anche un impiegato del catasto e Nasty Gal, in
particolare, è uno dei lavori di musica nera più eccitanti che mi sia capitato
di ascoltare. Groove pazzeschi, riff di chitarra da extrasistole, funk corrotto
da una perversa indole garage-rock, una certa attitudine punk e tanto,
tantissimo sesso (le canzoni di Betty Davis furono praticamente bandite
dalle radio americane). La musica della Davis, infatti, trasuda
erotismo nei testi espliciti e nella voce selvaggia della cantante, che si
muove attraverso le note con il passo felpato di una pantera pronta all’assalto:
carica di teatralità, velenosa, graffiante, portata spesso ai limiti di uno
screaming, che prende la forma di ruggito belluino. Non facile, quindi, mettere
mano al songbook della signora Davis se non si è disposti a misurarsi con lo
stesso carico di grinta e sensualità. Serve un'attitudine fisica, vocale e,
soprattutto, mentale. A conti fatti, è proprio quello che Mahalia Barnes
riesce a fare, andando a recuperare il meglio dei tre album citati
e restituendo alle dodici canzoni scelte una nuova linfa vitale. Non solo
un'operazione filologica (anche se l'attenzione al suono, alle atmosfere e al
cantato è altissima), ma soprattutto un adrenalinico disco di funk, in cui
Mahalia si misura con una grandissima voce, senza sfigurare. Anzi, per certi
versi, fa anche meglio della Davis, misurando gli eccessi di teatralità,
evitando di strafare e puntando semmai sulla tecnica pura (la
voce della Barnes ha una gamma espressiva impressionante). Ad accompagnarla in
questa avventura, ci sono i fidi e rodati Soul Mates e, come si diceva, un
Bonamassa in splendida forma, che lungi da velleità di protagonismo, si mette
con umiltà al servizio della musica, regalandoci un'eccellente performance.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 12/05/2015
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