Dischi del genere dovrebbero far parte del patrimonio
genetico del killer: si ascoltano in un attimo e si recensiscono ancor più
velocemente. La realtà, invece, è che il terzo album in studio della premiata
ditta Tedeschi Trucks Band è talmente ricco di suoni che, dopo cinque giorni di
ascolto compulsivo, ho come l'impressione che mi sia sfuggito ancora qualcosa.
Ecco, sta proprio qui il busillis: a prescindere dalle composizioni, il cui
livello, come già avevamo apprezzato nel precedente Made Up Mind, è
qualitativamente alto, e a prescindere dai riferimenti stilistici, attraverso i
quali viene declinato nella sua completezza tutto l'abbecedario del southern
sound, è proprio il linguaggio a fare la differenza. Prendiamo, ad
esempio, Anyhow, il brano che apre la scaletta e che potrebbe essere
utilizzato come cartina di tornasole per approcciarsi a Let Me Get By.
Dopo dieci volte che l’ascolti, continui a scoprire nuove sfumature,
particolari che prima erano sfuggiti. Oserei dire che siamo di fronte a una
canzone perfetta, una sorta di paese di Bengodi in cui la ricchezza di suoni,
grazie all'elitropia, resta invisibile a un ascolto superficiale (quello che
punta esclusivamente al piacere delle melodia), ma riaffiora poi ogni qual
volta rifuggiamo il quadro d'insieme e ci concentriamo sui singoli passaggi. Si
scopre allora che un mood caldissimo, gli strumenti sbrigliati e un
approccio jammistico fanno da contraltare al perfetto equilibrio dei suoni e
alla cura degli arrangiamenti (il brano che si gonfia e ha il suo climax quando
entra la sezione fiati). E poi, la voce al caramello e ricca di
sfumature della Tedeschi, ormai perfettamente a suo agio nella veste di
soul singer, e la chitarra slide di Trucks, che prima cesella con cura e poi si
prende la scena con un grande assolo. Tanta roba, direbbero i lettori più
giovani, ed è solo l'inizio. Let Me Get By, infatti, procede su questa strada,
dalla prima all'ultima canzone, mantenendo una coerenza e un'omogeneità espressiva
che rappresenta il risultato più alto di una breve ma intensa discografia.
Insomma, se l'intento era quello di portare in studio l'energia di un live, il
risultato non solo è riuscito, ma supera le più rosee aspettative, anche in
quei brani che, seppur non ispiratissimi (Hear Me), hanno comunque un impatto
strumentale eccitante e avvolgente. Anche da un punto di vista
compositivo il gruppo mantiene un ottimo standard: non è affatto semplice
maneggiare con cura e originalità quel suono sudista, passato
soprattutto per le mani della Allman Brothers Band (la title track, ad
esempio, suona come un outtake di Idlewild South), a cui
inevitabilmente la TTB si ispira. Invece, in un contesto in cui si riconoscono
agevolmente le fragranze blues, soul, r'n'b, gospel e funky (e quindi:
Muscle Shoals, Memphis, Stax) che da sempre caratterizzano il southern rock, i
coniugi Trucks, con il contributo di Mike Mattison, evitano pedanterie
filologiche, mischiano le carte e volano sulle ali della libertà, come nella
superlativa Right On Time, dove Kurt Weill meets the blues, o in I Want More,
in cui un vibrante R'n'B targato Stax evapora nella quiete folk di un languido
flauto. Un'ora di musica libera e appassionata per una band
che si candida definitivamente quale miglior interprete di una grande
tradizione. Da non perdere dal vivo, qualora decidessero di passare dalle
nostre parti.
VOTO: 8
Blackswan, giovedì 18/02/2016
2 commenti:
il disco della maturità, anche perché trovare la quadratura del cerchio con così tanti elementi non deve essere stato di certo efficace. E poi Derek Trucks...mio Dio....che talento. Li sto ascoltando proprio adesso, mi allietano questa influenza che quest'anno sembra non andarsene...
@ Ale: si, un grande disco che, ribadisco, mi fa impazzire per il suono.Perfetto!
Posta un commento