Una raccolta di cover, si
sa, serve spesso a mascherare un momento di afasia creativa, a tamponare il
vuoto di ispirazione, in attesa che le canzoni originali su cui si lavora,
funzionino così bene da poter finire su disco. Ne può venir fuori qualcosa di
buono oppure, come accade frequentemente, il risultato finisce per essere un
lavoro prescindibile, che nulla aggiunge o toglie alla credibilità di un
musicista. Poi, capita di rado, ci sono artisti come Giorgio Canali, che
rappresentano un unicum nel panorama nazionale e che quando decidono di fare
qualcosa, la fanno incredibilmente bene. Ecco, allora, che questo Perle Per
Porci si colloca anni luce lontano dal classico album di reinterpretazioni, e
suona esattamente come suonerebbe un disco di canzoni originali. Canali, d’altra
parte, ha sempre dimostrato di possedere un rigore artistico (ed etico) che lo
tiene lontano da scelte furbette e accomodanti, andando spesso in contro
tendenza a un mercato, come quello italiano, zavorrato da tonnellate di
paccottiglia. Così, invece, di riciclare canzoni arcinote e vivere di riflesso
il successo altrui, l’ex CCCP imbastisce una scaletta di canzoni pressoché
sconosciute, ripescando dall’oblio artisti di cui nessuno, diversamente, si
sarebbe ricordato. Un progetto esplicitato dal titolo del disco, che cita un
passo del Vangelo di Matteo, in cui Gesù esorta i propri discepoli: “Non date ciò che è santo ai cani e non
gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi
sbranino”. Non sprechiamo, quindi, le cose di valore, e riportiamo alla
luce queste canzoni che sono autentici gioielli, piccole perle nascoste fra le
pieghe del tempo. Non è un caso, allora, che il disco inizi con la splendida
Pesci e Sedie (Fish and Chair), rilettura, anche testuale (originariamente i
versi erano cantati in inglese) di una canzone, datata 1990, dei Corman &
Tuscadu, gruppo francese, di cui faceva parte Claude Salt, bassista dei
Rossofuoco fino al 2009), e che continui, poi, con brani di artisti, quasi
tutti, misconosciuti. Alzi la mano, infatti, chi ha mai sentito nominare la
band milanese dei L’upo (AFC – Angelo Fausto Coppi ha un testo che emoziona
alle lacrime), o i veneti Plasticost (Canzone Dada, tra le migliori del lotto,
rilegge alcuni versi del poeta romeno Tristan Tzara) o i triestini Luc Orient,
di cui Canali ripesca la suggestiva Gambe di Abebe, risalente al 1984. Una
scelta non facile e, come si diceva, decisamente contro corrente, che alla fine,
tuttavia, paga, perché dopo averle ascoltate, queste canzoni, vorremmo averle
tutte nella nostra discografia. Ci sono, poi, brani più noti, ma nemmeno
troppo. Il più famoso è senz’altro Le Storie Di Ieri di Francesco De Gregori
(la trovate su Rimmel del 1975), canzone dalla genesi travagliata (il testo,
tra censure e autocensure, fa esplicito riferimento al fascismo e al MSI) e qui
privata del lungo intro di contrabbasso in favore di una maggior dose di
elettricità; e c’è anche Lacrimogeni, presa in prestito da Canzoni Da Spiaggia
Deturpata, album d’esordio, datato 2008, di Vasco Brondi (alias Le Luci Della
Centrale Elettrica), ai tempi prodotto proprio da Giorgio Canali: altra grande
canzone ed ennesima grande rilettura, con una coda rumorosa, che eleva il
pathos al parossismo. In scaletta troverete anche brani di Eugenio Finardi
(F-104), di Angela Baraldi (Mi Vuoi Bene o No?), di Faust’O (Buon Anno) e dei
Mary In June (la vibrante malinconia di Un Giorno Come Tanti); ma soprattutto,
troverete un musicista e una band, i Rossofuoco, che ben lungi da replicare
pedissequamente canzoni altrui, recuperano quarant’anni di musica italiana
inconsueta, e ce li restituiscono vitali, sferraglianti e pervasi da un’attitudine
punk che qui, più che mai, è figlia di un’irrequieta, e per questo realmente
creativa, onestà artistica. Un grande disco da conservare gelosamente fra le
cose migliori di questo 2016.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 29/03/2016
6 commenti:
Giorgio Canali è un artista. Un vero rocker. Non tutti lo sono, anche nomi più' blasonati di lui.
@Bartolo: possiamo dire, senza troppi problemi, che è unico.
Ti ricordi, Black, quando siamo andati a vederlo qui intorno a Milano?
Ricordo una strofa di un suo pezzo che mi ha folgorato.
Mi pare dicesse "Precipito. Guarda come brillo mentre scendo".
Fantastico.
@ Ezzelino: cinque euro, quasi tre ore di musica, un pogo infernale. E chi se lo scorda più... :)
secondo me un disco orribile -
@ Giuseppe: se sei abituato a Battisti, capisco possa non piacerti.
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