Quando finisci un romanzo come Il Cartello,
l'unica cosa che ti viene in mente è pronunciare un'iperbole, uno di quei
paroloni, come "capolavoro", ad esempio, che vogliono
dire tutto e niente. Il rischio sta proprio nel farsi prendere la mano, abbandonarsi
a giudizi apodittici, peraltro, nel caso specifico, tutti meritati, e
non spiegare invece a coloro che lo vorrebbero sapere, perchè è così
bello l'ultimo romanzo di Don Winslow. La parola "capolavoro" la
useremo, statene certi, ma solo alla fine di queste poche righe, che hanno
invece la pretesa di spiegarvi come si può essere autore di
thriller, riuscendo nel contempo a essere anche un grande
scrittore. Merito, questo, che a Don Winslow riconosciamo
da tempo, da quando, era il 2008, ci aveva fatto battere forte il
cuore con L'Inverno Di Frankie Machine, primo romanzo del sessantaduenne
romanziere americano a essere pubblicato in Italia.
Una prima peculiarità nella scrittura di Winslow, forse
anche la più rilevante, lo pone un gradino sopra a tutti gli altri autori di
genere: lui non si limita a scrivere un libro, è soprattutto un regista.
In questo, trovo molte similitudini con il cinema di Martin Scorsese, uno che
non si limita a girare un film, ma è soprattutto un romanziere. In
entrambi, le due forme d'arte si confondono, producendo un risultato artistico
che è al contempo narrazione e visione. Il Cartello, quindi, è soprattutto una
pellicola romanzata, e per tutta la durata della lettura, la fantasia
della nostra rielaborazione diviene di un realismo totalizzante. Il lettore non
immagina il Messico, è in Messico, e si muove a fianco dei personaggi del
libro, sentendo i profumi della terra, il sapore del cibo speziato, il caldo
accecante del sole, e palpita, prova sgomento
e orrore, o si fa travolgere da quei frementi moti di coraggio,
che incidono su tutti gli snodi narrativi della vicenda.
I protagonisti, quindi, non sono figure che vivono nella caducità di una
fugace immagine, ma sono incredibilmente vividi, sembra di poterli
toccare, si materializzano al ritmo delle dita che sfogliano le pagine, e
vengono inquadrati da una cinepresa narrativa, che predilige la frenesia del
montaggio alternato, indugiando talvolta su destabilizzanti ralenti, che
mostrano la brutalità della violenza come faceva il cinema epico di Sam
Peckinpah.
E non credete a coloro che vi diranno che Winslow
manca nell'approfondimento psicologico o che taglia i personaggi con l'accetta,
perché non è così. Winslow non usa certo i ricami di Dostoevskij, e
nemmeno ne ha la pretesa; è semmai asciutto, essenziale, ma non
semplifica. Anzi, tratteggiando un contorno, in cui le figure
di Marisol e dei Los Zetas rappresentano gli estremi
confini del bene e del male entro cui si muove
l'umanità, Winslow disegna le figure fondamentali del libro
(Keller, Barrera, Eddie Ruiz, Chuy) utilizzando una sorta di manicheismo
spurio, in cui male e bene assoluto convivono (e confliggono), quali moti
dell'anima fra loro inscindibili (“perché
dopotutto al mondo non ci sono anime separate. Andremo in paradiso o all’inferno,
ma ci andremo tutti insieme”). Così, se la malvagità di Barrera
disturba proprio perchè il suo personaggio è capace anche di atti di
compassione e tenerezza, Keller non potrebbe essere l'eroe che è, se non avesse
il cinismo necessario per compiere omicidi di efferata (e
consapevole) crudeltà. Giova sottolineare, da ultimo, anche la
certosina e minuziosa ricostruzione storica fatta dall'autore, che ci
restituisce con precisione cronachistica gli anni più recenti e travagliati di
una paese, il Messico, che sembra destinato a soccombere in
eterno innanzi allo spietato strapotere dei cartelli della droga.
Tutti elementi che, sommati fra loro, rendono Il Cartello il capolavoro di Don
Winslow e uno dei libri di intrattenimento più avvincenti di sempre.
PS: da qualche tempo, si sta favoleggiando su una trasposzione cinematografica de Il Cartello, per la regia di Ridley Scott e la partecipazione di Leonardo Di Caprio nel ruolo di Art Keller.
Sinossi:
Sinossi:
Adán Barrera, capo del
cartello della droga piú potente del mondo, è rinchiuso in un carcere di San
Diego in isolamento. Art Keller, l'agente della Dea che lo ha arrestato dopo
avergli ucciso il fratello e lo zio, vive nascosto in un monastero del New
Mexico, dove fa l'apicoltore e cerca di dimenticare una vita di menzogne e
false identità. Quando Barrera riesce a farsi trasferire in un carcere
messicano e a riprendere le redini del cartello, la guerra della droga riparte
con una brutalità senza precedenti. Anche Keller è costretto a tornare in
azione immergendosi in un mondo nel quale onesti e corrotti, vittime e
assassini, si trovano dall'una e dall'altra parte della frontiera.
Blackswan, martedì 22/03/2016
3 commenti:
libro monumentale stratosferico come il suo predecessore...non vedo l'ora di vedere la transpositions cinematografica anche se Di Caprio come Keller proprio non ce lo vedo...
Non posso che sottoscrivere in pieno.
Il cartello è un Capolavoro.
Fantastico, il miglior noir dell'anno passato con distacco :)
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