Riceviamo dalla nostra freelance Cleopatra e
integralmente pubblichiamo
Per una volta potevano risparmiarsi tanta ipocrisia.
Mi riferisco a loro, ai politici. Quelli comodamente seduti sugli scranni del
potere, quelli che pensano di fare politica a colpi di twitter o sproloquiando
su Facebook. Marco Pannella, il bastian contrario della politica italiana,
osteggiato in vita, per incanto, viene osannato da morto come un simbolo di
libertà, un "leone della libertà" come lo ha definito il Premier. La
solita retorica stantia tirata fuori dal cassetto per l'occasione. Come quel
florilegio di stomachevoli dichiarazioni di circostanza a poche ore dalla morte
di Gianroberto Casaleggio. Il copione è lo stesso: facce contrite, compunte.
Tutti con il fazzoletto in mano a piangere a comando. Altro che coccodrilli. Un
tripudio di attestazioni di stima da destra a sinistra per un uomo che in
realtà era considerato dai più, scomodo e a volte imbarazzante.
Non mi dilungherò sui meriti di un ardente guerriero
come Marco Pannella e su una vita spesa per la difesa dei diritti civili a suon
di digiuni. E anche se talvolta il percorso politico non sia stato
condivisibile, non si può certo negare la caratura dell'uomo, l'impegno e
soprattutto cosa abbia rappresentato nel secondo dopoguerra, quando l'Italia
era un paese bigotto e arretrato. Ma tant'è. Coloro che oggi lo incensano come
paladino della libertà sono gli stessi che lo hanno confinato ai margini del dibattito
politico, negandogli il riconoscimento che gli spettava. Marco Pannella
meritava qualcosa di più che un semplice ricordo via Twitter. La carica di
senatore a vita, a suggello delle energie che ha profuso in ogni battaglia,
sarebbe stata la degna riconoscenza per tanti anni di lotta appassionata. Ora
c'è chi ne tesse le lodi per quella idiosincrasia nei confronti del potere, per
il rifiuto a qualsiasi forma di violenza. Ma è troppo tardi. L'ipocrisia ha
trionfato. Su un palco allestito per commemorarne la memoria non si è visto
neppure un rappresentante delle istituzioni. Un'occasione persa per insegnare
alle future generazioni che la politica deve essere impegno civile e passione.
Nient'altro.
Cleopatra, lunedì 23/05/2016
1 commento:
Nulla di nuovo, direi.
Basta ricordare la progressione illustrata da Alberto Arbasino.
C'è per tutti un momento in cui si passa dalla condizione di "brillante promessa" a quella di "il solito stronzo".
Soltanto pochi riescono ad accedere alla terza condizione, quella di "venerato maestro".
Nella più parte dei casi l'incensamento, se arriva, arriva dopo la morte.
E perciò è per definizione ipocrita e tardivo.
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