Il disco d'esordio di Jared Deck è uscito solo una
settimana fa, ma è da un pò che la stampa statunitense si interessa a questo
ragazzone proveniente dall'Oklahoma. Tanto che, Rolling Stones America, l'ha
già definito "uno dei dieci nuovi artisti che bisogna assolutamente
conoscere". Il fatto è che Deck, nonostante abbia pubblicato un solo Ep
prima di questo full lenght, si è dato molto da fare, suonando in lungo e in
largo per gli States, vincendo qualche premio, e facendo da spalla a molti
nomi importanti del firmamento musicale a stelle e strisce, da Alejandro
Escovedo a Wanda Jackson, per citarne un paio, che non hanno lesinato
nei suoi confronti numerose parole d'elogio. Giunto il momento del grande
salto, Deck si è fatto affiancare in studio dal conterraneo Wes Sharon (già con
Parker Millsap e John Fullbright) e ha imbastito una scaletta di undici
schiette canzoni di tradizionalissimo rock americano, in cui confluiscono
storie di blue collar, i profumi delle midlands, le sconfitte, le
illusioni, i sogni infranti, gli amori finiti, la storia delle proprie
radici, ogni cosa raccontata senza filtri. Deck, a tal
proposito, è di un'ingenuità disarmante, sia per come si offre
all'ascoltatore, diretto e con il cuore in mano, sia perché non fa nulla
per nascondere le proprie fonti di ispirazione, che vanno da Bruce Springsteen
(Hope, KS), a John Mellecamp (The American Dream) fino a Bob Seger (l'iniziale
e singolo apripista, 17 Miles). Nonostante un suono risaputo e
riconoscibilissimo, questo esordio può, tuttavia, annoverare un filotto di
belle canzoni, alcune delle quali (Unusually Blessed e Sweet Breath)
giustificano in pieno il giudizio lusinghiero di Rolling Stones. Quando poi, lo
si sente cantare nella citata Sweet Breath, un ballatone soul gospel da
brividi, si comprende anche di che gran voce sia dotato questo ragazzo, che non
si propone certo come un innovatore del genere, ma che ha il merito di metterci
la faccia e l'onestà.
VOTO: 7
Blackswan, giovedì 12/05/2016
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