Come i nostri lettori ben
sanno, ci occupiamo solo marginalmente di musica italiana; tuttavia, quando ci
passa per le mani un buon disco, siamo ben felici di non lasciarcelo sfuggire.
E’ il caso, questo, di Una Somma Di Piccole Cose, ottavo album in studio (nono,
se si conta anche la collaborazione con Silvestri e Gazzè di un paio d’anni fa)
di Niccolò Fabi, cantautore romano in circolazione ormai da un ventennio e con
già alle spalle piccole gemme come Novo Mesto (2006) e Solo Un Uomo (2009).
Questo nuovo full lenght è l’ennesima conferma per un artista che, a differenza
di tanti illustri colleghi, ha mantenuto nel tempo un alto livello di
ispirazione, tenendosi, peraltro, lontano da mode e compromessi commerciali. In
tal senso, Una somma Di Piccole Cose, è la prova lampante di come anche in
Italia si possa produrre musica di qualità, quando si ha la forza morale di
evitare stereotipi consunti o di non voler apparire alternativi a tutti i costi.
Con Fabi e questo suo bellissimo disco, vincono, invece, la semplicità e la poesia;
vincono, soprattutto, le canzoni, frutto di un buen retiro in mezzo alla natura
di Campagnano di Roma, alla ricerca di solitudine, ispirazione e melodie. Un po’
come aveva fatto Bon Iver con il bellissimo For Emma, Forever Ago (2007),
registrato interamente nella pace bucolica della campagna del Winsconsin. E non
è un caso (ma lo dice lo stesso Fabi) che Una Somma di Piccole Cose abbia tra
le sue fonti di ispirazione proprio l’esordio di Justin Vernon. Ne deriva che
queste nove piccole grandi canzoni trovino il loro respiro creativo, più che
nella tradizione del cantautorato italiano, in quel suono americano plasmato
meravigliosamente dalle mani del citato Bon Iver, o da quelle di Sufjian
Stevens (Carrie & Lowell dello scorso anno), di Sam Amidon o di Iron &
Wine. Pochi strumenti e tante idee, dunque, per un disco concepito lontano
dalla ribalta, in cui Fabi si mette a nudo, con schiettezza, raccontando sé
stesso (Facciamo Finta) ma non perdendo mai di vista il contesto sociale delle
nostre vite (Ha Perso La Città). I brani
in scaletta sono animati, in tal senso, da una spirito di condivisione, dalla necessità
di universalizzare i moti dell’anima e di raccontare il proprio interiore,
raccontando così la storia di ognuno di noi. C’è una profonda malinconia in queste note, ma nulla che suoni, però, depresso o disperato: la
sensazione è semmai quella di una presa di coscienza, di una consapevolezza (la
splendida chiosa di Vince Chi Molla) alla luce della quale sia possibile dare
un senso ai nostri giorni, di “una somma di piccole cose” che ci spinga a superare
i nostri limiti e il nostro dolore, per continuare a vivere, finalmente pacificati.
Da ascoltare in cuffia, a occhi chiusi, godendo di melodie perfette (la title
track, Filosofia Agricola, Vince Chi Molla) e di testi che, rarità delle
rarità, evitano l'ovvio e sanno arrivarci dritti al cuore.
VOTO: 7,5
Blackswan, domenica 22/05/2016
2 commenti:
lei ha la particolare disposizione di scegliere sempre il video della canzone più brutta degli album che presenta - una somma di piccole cose e una mano sugli occhi sono infinitamente più belle
@ Giuseppe: grazie della dritta :)
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