Jane Lee Hooker. Ecco un nome che rimanda
immediatamente al grande John e che ci fa pensare che stiamo per parlare di una
nipote o pronipote che ha intrapreso le orme musicali del nonno. Invece, sotto
la sigla JLH non si cela una sola persona, ma un gruppo. Anzi, per la
precisione, un supergruppo di ragazze, composto da Dana "Danger"
Athens al canto, Hail "Mary" Zadroga al basso (Wives), Tracy
"High Top" alla chitarra (Nashville Pussy), Melissa "Cool
Whip" Houston (Josh Joplin) alla batteria e Tina "Tbone" Gorin
alla chitarra (Helldorado, Bad Wizard). La seconda cosa che viene in mente,
leggendo il nome del combo (e qui non c'è margine d'errore) è che le cinque
ragazze amino il Mississippi e Chicago, il blues e tutte le sue derivazioni (soprattutto
elettriche e imparentate con il rock). Fatte le presentazioni e circoscritto il
campo d'azione della band, rimane solo da parlare di quest'esordio, che non è
ben chiaro se sia frutto di una collaborazione estemporanea o sia invece il primo
capitolo di un progetto che guarda al futuro. Una cosa è certa: questo No B!
(che cosa significhi il titolo dell'album, Dio solo lo sa) è una bomba
pronta a deflagrare dalle casse del vostro stereo.
Queste cinque ragazze,
infatti, sono delle indemoniate che usano la sala di registrazione come un
palco, dove suonare, usque ad finem, finchè, cioè, stanchezza, crampi e sudore
non prendano il sopravvento. Anche se stiamo parlando di un disco in studio, No
B! suona, infatti, piu come un jam session senza regole nè artifici, ove
unico paletto, per ovvie ragioni di spazio, è che prima o poi la canzone deve
finire. Si fossero on stage, queste cinque ragazze svenirebbero piuttosto che
mollare il colpo e gli strumenti: in sala, invece, contengono le loro
intemperanze entro i cinque minuti di media, dando vita a una miscela
rumorosissima di hard rock blues attraversato da scosse garage (Mean Town Blues
di Johnny Winter). In scaletta, un solo brano originale (la possente In The
Valley, a firma di Dana "Danger" Athens) e dieci cover, alcune delle
quali sono autentici pezzi di storia. A essere
letteralmente strapazzate dalle JLH sono Mannish Boy e
Champagne and Refeer di Muddy Waters, I Believe To My Soul di Ray Charles,
Free Me di Otis Redding e Shake For Me di Willie Dixon, solo per citarne
qualcuna. Se cercate classe e ricostruzione filologica, scappate a gambe
levate: qui, come detto, si randella senza tema, con basso e batteria che
macinano chilometri, chitarre che duellano senza
regole, arrangiamenti ridotti all'osso e volumi esagerati. Ma se vi
fermerete ad ascoltare, sarà dura, poi, levare il cd dal lettore. In
fin dei conti, queste sono ragazze che vogliono solo cazzeggiare e
far rumore con la musica che amano di più. E francamente, se ci sono
ancora motivi per cui il rock è in grado di farci battere forte il cuore, uno
di questi, forse il più importante, è proprio la voglia di far casino. Con lo
stereo a palla e con buona pace dei vicini di casa.
VOTO: 7,5
Blackswan, mercoledì 15/06/2016
2 commenti:
E chi le ferma queste qua?
Ma forse non vogliono nemmeno essere fermate.
Piccolo retro-pensiero: attenzione che se il tuo gruppo si chiamava Nashville Pussy e il disco lo intitoli No B, è dificile che i discorsi non slittino sul maschilista e la musica finisca in secondo piano.
E invece ci danno dentro. Brave.
Un abbraccio
@ Granduca: beh, penso che se lo vadano abbastanza a cercare :) Queste spaccano, in tutti i sensi! :) Un abbraccione !
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