Un uomo solo al comando. Basta un rapido sguardo alla
copertina del disco, per rendersi conto che Steve Hill è quello che
generalmente chiamiamo un one man band. Solo che il songwriter canadese lo
è a tutti gli effetti: non solo suona quattro strumenti, chitarra, armonica,
batteria e basso, e canta, con voce ruvida e graffiante, ma fa tutto in
contemporanea. Roba che, per un comune mortale, ci sarebbe da
perdere la testa. Invece, Steve va via come un treno, dimostrando ottime
doti di chitarrista, gran senso per il ritmo e un timbro di voce di quelli
difficili da dimenticare. Insomma, per farvi un'idea, possiamo dire di essere
di fronte a una versione onanista dei Black Keys (prima maniera) o dei Royal
Blood (ma con accenti meno hard). Giunto al nono full lenght, il terzo
della serie Solo Recordings, Hill imbastisce una scaletta di tutto rispetto
che, se di primo acchito potrebbe sembrare un filo monocorde,
soprattutto nelle canzoni ad alto tasso di elettricità, risulta, invece, dopo
qualche ascolto, assai varia, grazie all'alternarsi equilibrato tra
brani acustici e altri più ruvidi, e a una scrittura che, soprattutto nelle
ballate, riesce a essere estremamente ficcante.
Vol. 3 si
presenta, comunque, come un disco primitivo, senza troppi fronzoli,
suonato con energia e semplicità, caratterizzato da canzoni arcigne, che
stanno in bilico fra rock e blues (in alcuni casi, molto vicino alle
radici) e da altre decisamente più rilassate e sognanti, che guardano al
folk e al country. Si inizia con tanta grinta, passando dal boogie
frenetico di Damned, all'hard rock blues di Dangerous, fino al tributo a
Muddy Waters con l'ottima rilettura in medley di Still A Fool And A Rolling
Stone; e si prosegue con il folk molto british (echi di Jethro Tull) di Slowly
Sleeping Again, uno dei brani migliori del disco, che fa scemare la
tensione in un piacevolissimo quadretto agreste. Poi, si alternano altri
momenti graffianti, come Rhythm All Over, caratterizzata da una suntuosa
chitarra slide, ballate folk (Trouble Times), divertiti country rock (Emily) e
riff assassini a profusione (il poderoso finale di Walking Grave). Il
tutto per cinquanta minuti di ottima musica, in cui Hill, nonostante
l'approccio scarno e sanguigno, mette in evidenza anche notevoli virtuosismi
tecnici e una fenomenale coordinazione fisica.
VOTO: 7
Blackswan, mercoledì 13/07/2016
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