Sono passati più di quattro anni da quando, nel marzo
del 2012, Michael Kiwanuka, londinese di origini ugandesi, pubblicò Home Agian,
il suo album d'esordio. Un tempo considerevole, se si pensa alla frenesia con
cui, al mondo d'oggi, anche in ambito musicale, si battono le tappe; ma
senz'altro, un tempo speso bene, durante il quale Kiwanuka
ha nascosto nel cassetto il successo dell'esordio, ha metabolizzato i
fiumi di inchiostro spesi (sempre molto bene) sul suo conto, si è rimboccato le
maniche e ha lavorato sodo. Soprattutto, si è sgravato delle grandi aspettative
che si erano create sul suo conto e ha limato la sua musica, in modo che gli
scomodi paragoni che avevano animato le positive critiche a Home Again (Bill
Whiters, Terry Callier, Van Morrison), fossero sempre meno evidenti, sempre
meno eclatanti. Il risultato è questo ottimo Love & Hate, disco con cui
Kiwanuka ha trovato uno stile tutto suo, elaborando una propria moderna idea di
soul. Chiamatelo pure avant soul, o new soul, o come diavolo volete: di sicuro
Michael ha definito suono personale e rilasciato un grande disco, uno dei
migliori ascoltati quest'anno. Lo zampino lo ha messo anche Danger Mouse, che
ha tirato fuori un lavoro di produzione eccelso, assecondando le idee di
Kiwanuka e convogliando l'ipercretività del londinese nell'alveo di
arrangiamenti funzionali ed elegantissimi. Un lavoro prezioso, che si ascolta a
ogni passaggio del disco e che ha trasformato ottime canzoni in
qualcosa di più. Un lavoro ancora più degno di nota, poi, se si tiene
conto del minutaggio straordinariamente lungo dei brani in scaletta, quasi
tutti sopra i quattro minuti, alcuni oltre i sette, uno, addirittura, di dieci.
E' questo il caso di Cold Little Heart, che apre il disco. Ecco, mettere una
suite in apertura di un album e non essere più negli anni '70, denota non solo
coraggio e menefreghismo verso le stolide regole del mercato, ma soprattutto
idee chiarissime. Il risultato è, infatti, sorprendente: dieci minuti che
evaporano con lentezza, tra cori e arrangiamenti d'archi, verso un cielo
punteggiato da stelle di puro lirismo e attraversato da leggerissime
nuvole di malinconia. E' questa la nuova filosofia di Kiwanuka, che mantiene un
sottile legame con il passato, ma crea qualcosa di unico e coeso, un gioiello
di visione e modernità. In Love & Hate, infatti, le grandi
canzoni si sprecano e anche quando i brani si dilatano oltre il minutaggio
standard, il tempo diviene realmente relativo, mai affiora lo sconcerto della
noia e l'unica cosa che si vuole è ascoltare musica. Questa musica. Succede nei
sette minuti di Father's Child, straordinario mid tempo che vive di addizioni e
si stratifica passo per passo, trasformandosi da soliloquio a corale, e
nell'altrettanto lunga title track, la cui melodia contagiosa è costruita
con cori in loop, ritmica secca, archi che ci avviluppano di malinconia e
un assolo di chitarra in acido, improvviso e spiazzante. E dovremmo,
forse, spendere parole anche per le altre canzoni in scaletta, tutte
attraversate da fremiti malinconici mai invasivi e da ganci melodici che
si vestono sempre con intelligenza, nonostante siano straordinariamente
catchy (il crescendo gospel di Black Man In A White World). Kiwanuka, dunque,
ha gestito il successo con intelligenza, non si è fatto irretire dalle effimere
sirene della notorietà e ha percorso la sua lunga strada, la strada della
musica che voleva. Ci ha messo tempo, ha lasciato che il suo nome venisse risucchiato quasi ai limiti dell'oblio e, quindi, ci ha regalato
Love & Hate. Se per Home Again, possiamo parlare di un disco interessante,
ispirato, deliziosamente retrò e splendidamente suonato, per questo
seguito è inutile spendere troppi aggettivi. Ne basta uno solo: grande.
VOTO: 9
Blackswan, lunedì 22/08/2016
4 commenti:
Ai primi ascolti la parte finale mi sembrava più fiacca dei brani brani iniziali, ma ora me lo sto veramente godendo scoprendo ogni giorno nuove sfumature: una meraviglia.
@ Lucien: Vero, stessa sensazione. forse, perchè la prima parte del disco è davvero "troppa" .
Il disco è piaciuto pure a me, però il tuo voto è un po' esagerato...
Se non altro comunque la pausa estiva sembra averti fatto abbastanza bene. :)
@ Marco: beh, se non dai un gran voto a un disco così, a chi lo devi dare ? Sempre il braccino corto con la musica bella, tu...:)
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