venerdì 11 novembre 2016

DATURA4 – HAIRY MOUNTAIN (Alive Naturalsound, 2016)



L’anno scorso, quando uscì Demon Blues, esordio su disco dei Datura4, fummo abbastanza stupiti dall’indirizzo musicale che Dom Mariani, deus ex machina della band, volle imprimere al suo nuovo progetto: una miscela di Boogie/Rock e Hard/Blues satura di memorie psichedeliche anni ’70 quasi del tutto priva delle sonorità a lui più consuete: il Garage/Punk degli esordi con gli Stems e soprattutto il Power Pop di DM3 e Someloves, che più d’ogni altra deriva (vedi anche il Sixties Revival con Stoneage Hearts e DomNicks), hanno dato l’impronta alla lunghissima carriera dell’immarcescibile cantante/chitarrista di Fremantle. Personaggio centrale della scena underground australiana degli ultimi trent’anni, Mariani, ha sempre voluto circondarsi di musicisti che come lui pensano che il guitar Rock sia la modalità più appropriata per celebrare e rinnovare l’Aussie-Sound: quel movimento composto da innumerevoli band e artisti di livello internazionale che alla fine dei ’70 e per tutti gli ’80 seppe tenere testa alle corazzate UK e USA in fatto di Punk e Post. Qualche nome per tutti: Saints, Radio Birdman, Birthday Party, Beast Of Bourbon. Ecco che quindi non sorprende ritrovare al fianco di Mariani una sfilata di glorie locali: il veterano Greg Hitchcock, chitarrista degli You Am I con un passato nei leggendari New Christs, l’ex Drones Warren Hall alla batteria e Stu Loasby dei Ripples Souls al basso. 




Hairy Mountain, appena uscito per l’importante etichetta del Punk/Blues americano Alive Naturalsound, suggerisce subito un paio di considerazioni. La prima è che Mariani dopo tanto girovagare ha finalmente ritrovato un posto sicuro da cui può dare sfogo e continuità alla sua inesauribile vena compositiva, l’altra è che i Datura4 hanno le idee chiare, nessun ripensamento sull’indirizzo musicale, continuano a picchiare duro sugli strumenti per spremerne essenze Psych/Blues alla vecchia maniera dei bluesman bianchi della British Invasion. Il disco inizia esattamente dove If Seven Was Eleven, ultimo titolo nella scaletta di Demon Blues, ci aveva licenziati. Tre brani magnifici e altrettanto significativi dello stato dell’arte dei Datura4, Fools Gold Rush (primo singolo estratto), Trolls e Uphill Climb: splendore psichedelico, buone vibrazioni e riff azzeccatissimi, pezzi pressoché perfetti non fosse per qualche virtuosismo di troppo. Questa insistita e compiaciuta propensione alla jam è forse l’unico appunto da muovere alla band che, se nella dimensione live può risultare vincente, su disco appare il più delle volte stucchevole. Molto meglio il Punk’n’Roll festaiolo e senza fronzoli di Mary Caroll Park, la cavalcata elettrica dagli umori Southern Greedy World oppure, Confide In Me, bluesaccio di facilissima presa in modalità ZZ Top. La title track, Too Much (Or Not Enough) e Something To Hid scorrono via piacevolmente tra ammiccamenti a Cream e Blue Cheer e numeri di alta classe chitarristica. L’ascolto si conclude con la psichedelia impalpabile della deliziosa Broken Path lasciandoci con la sensazione che la band sappia dare il suo meglio quando si limita a centrare l’obbiettivo tralasciando l’inessenziale fatto di lunghe parentesi strumentali che in alcuni casi lambiscono il Prog più ridondante e calligrafico (che pezzo straordinario Uphill Climb se finisse al min 2.30!). Per Hairy Mountain vale quindi lo stesso giudizio espresso per Demon Blues, un quarto d’ora in meno di durata e se la giocherebbe con gli album migliori dell’anno. Grande rispetto comunque per i Datura4 e per il loro, più che mitico, leader dall’energia e dalla voglia di stare sul palco inesauste. 58 primavere la maggior parte delle quali passate a divertirsi inventando Rock’n’Roll: indomabile Dom!

VOTO: 7





Porter Stout, venerdì 11/11/2016

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