L’anno
scorso, quando uscì Demon Blues,
esordio su disco dei Datura4, fummo abbastanza stupiti dall’indirizzo musicale
che Dom Mariani, deus ex machina della band, volle imprimere al suo nuovo progetto:
una miscela di Boogie/Rock e Hard/Blues satura di memorie psichedeliche anni ’70
quasi del tutto priva delle sonorità a lui più consuete: il Garage/Punk degli
esordi con gli Stems e soprattutto il Power Pop di DM3 e Someloves, che più
d’ogni altra deriva (vedi anche il Sixties Revival con Stoneage Hearts e
DomNicks), hanno dato l’impronta alla lunghissima carriera dell’immarcescibile cantante/chitarrista
di Fremantle. Personaggio centrale della scena underground australiana degli
ultimi trent’anni, Mariani, ha sempre voluto circondarsi di musicisti che come
lui pensano che il guitar Rock sia la modalità più appropriata per celebrare e
rinnovare l’Aussie-Sound: quel movimento composto da innumerevoli band e
artisti di livello internazionale che alla fine dei ’70 e per tutti gli ’80
seppe tenere testa alle corazzate UK e USA in fatto di Punk e Post. Qualche nome per tutti: Saints, Radio Birdman, Birthday
Party, Beast Of Bourbon. Ecco che quindi non sorprende ritrovare al
fianco di Mariani una sfilata di glorie locali: il veterano Greg Hitchcock,
chitarrista degli You Am I con un passato nei leggendari New Christs, l’ex
Drones Warren Hall alla batteria e Stu Loasby dei Ripples Souls al basso.
Hairy
Mountain, appena uscito per l’importante etichetta del
Punk/Blues americano Alive Naturalsound, suggerisce subito un paio di
considerazioni. La prima è che Mariani dopo tanto girovagare ha finalmente
ritrovato un posto sicuro da cui può
dare sfogo e continuità alla sua inesauribile vena compositiva, l’altra è che i
Datura4 hanno le idee chiare, nessun ripensamento sull’indirizzo musicale, continuano
a picchiare duro sugli strumenti per spremerne essenze Psych/Blues alla vecchia
maniera dei bluesman bianchi della British Invasion. Il disco inizia
esattamente dove If Seven Was Eleven, ultimo
titolo nella scaletta di Demon Blues,
ci aveva licenziati. Tre brani magnifici e altrettanto significativi dello
stato dell’arte dei Datura4, Fools Gold
Rush (primo singolo estratto), Trolls
e Uphill Climb: splendore
psichedelico, buone vibrazioni e riff azzeccatissimi, pezzi pressoché perfetti non
fosse per qualche virtuosismo di troppo. Questa insistita e compiaciuta propensione
alla jam è forse l’unico appunto da muovere alla band che, se nella dimensione
live può risultare vincente, su disco appare il più delle volte stucchevole. Molto
meglio il Punk’n’Roll festaiolo e senza fronzoli di Mary Caroll Park, la cavalcata elettrica dagli umori Southern Greedy World oppure, Confide In Me, bluesaccio di facilissima
presa in modalità ZZ Top. La title track, Too
Much (Or Not Enough) e Something To
Hid scorrono via piacevolmente tra ammiccamenti a Cream e Blue Cheer e
numeri di alta classe chitarristica. L’ascolto si conclude con la psichedelia
impalpabile della deliziosa Broken Path
lasciandoci con la sensazione che la band sappia dare il suo meglio quando si
limita a centrare l’obbiettivo tralasciando l’inessenziale fatto di lunghe parentesi
strumentali che in alcuni casi lambiscono il Prog più ridondante e calligrafico
(che pezzo straordinario Uphill Climb
se finisse al min 2.30!). Per Hairy
Mountain vale quindi lo stesso giudizio espresso per Demon Blues, un quarto d’ora in meno di durata e se la giocherebbe
con gli album migliori dell’anno. Grande rispetto comunque per i Datura4 e per
il loro, più che mitico, leader dall’energia e dalla voglia di stare sul palco inesauste.
58 primavere la maggior parte delle quali passate a divertirsi inventando
Rock’n’Roll: indomabile Dom!
VOTO: 7
Porter Stout, venerdì 11/11/2016
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