Quando un amore
finisce, si sa, sono guai, e per quanto uno si sforzi di superare il dolore,
alla fine, rancore, risentimento, nostalgia e tristezza si annidano nel cuore e
ci restano, ingombrando ogni spazio. Questi sentimenti li porteremo con noi nel
tempo, e solo attraverso gli anni sbiadiranno lentamente, per trasformarsi in
ricordi, se dolci o dolorosi, solo il cuore saprà. Un artista, però, conosce
molto bene la forza creativa che nasce dal dolore e se sa dominare la materia,
senza lasciarsi sopraffare da retorica e sensazionalismo e rifuggendo con cura
teatralità e autocommiserazione, può creare cose egregie, che raccontano un
pezzo della sua vita con un linguaggio universale. E’ quello che riesce a fare
Luke Winslow-King, in questo suo nuovo, ed efficacissimo I’m Glad Trouble Don’t
Last Alwyas, terzo full lenght in carriera, e disco attraverso il quale il
musicista della Louisiana, affronta la rottura sentimentale e artistica con il
suo pigmalione Esther Rose, compagnia nella vita e collaboratrice nei
precedenti lavori. Un disco quasi icastico nella sua brevità (solo nove canzoni
in scaletta) e asciutto nei contenuti, nonostante il fulcro della narrazione
sia proprio la storia d’amore da poco conclusasi. Winslow – King analizza,
dunque, il proprio dolore, ma c’è sempre un filo di ironia e una voglia di
riscatto nei testi, che finiscono per tamponare l’enfasi, fino ad asciugarla
completamente. Le canzoni non cercano quasi mai la strada della malinconia né
puntano alla lacrima facile, ma si muovono con sicurezza in un territorio in
bilico fra americana e blues, un blues che ha radici lontane. C’è
consapevolezza, c’è mestiere, c’è soprattutto una grande penna, che cerca
morbide melodie orientate al gospel, come nell’apertura di On My Way, omaggio a
una ritrovata indipendenza, si ingrugnisce rocciosa nel blues in chiave Nord
Mississippi della title track o chiosa positivi propositi di riscatto nel dolce
finale della programmatica No More Crying Today. A fianco di Winslow – King, un
pugno di musicisti sopraffini (tra i quali spicca il nostro Roberto Luti alla
chitarra), che assecondano il timbro vellutato, ma un po’ liso, del
protagonista.
VOTO: 7,5
Blackswan, sabato 05/11/2016
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