Riceviamo
dalla nostra freelance Cleopatra e integralmente pubblichiamo
"Le
mie dimissioni sono vere, ma non lascio la politica", scrive Matteo
Renzi su Facebook.
Anche
il NO del 60% degli italiani è vero, anzi verissimo. In un paese normale, una
sonora sconfitta come quella del 4 dicembre avrebbe indotto una persona di buon
senso a ritirarsi quantomeno a vita privata. Non Pinocchio Matteo, arrogante
persino nel discorso di commiato, dopo l'exit-poll del referendum
costituzionale. Una clamorosa quanto dirompente bocciatura allo scardinamento
della Costituzione e all'azione di governo avrebbe auspicabilmente dovuto
imporre una pausa di riflessione al partito di maggioranza. Invece, si è visto
poco o nulla. Passata la buriana, è iniziato il toto - nomi sul successore del
Principe di Rignano. Eredità scomoda, certo. Fatto sta che il nostro Matteo, in
un modo o nell'altro, continuerà a calcare la scena politica italiana.
Tradotto: resterà attaccato alla poltrona come un politico della prima Repubblica
che si rispetti. Idem per il "giglio magico", Fatina Boschi compresa.
Il
PD intanto, incurante della debacle referendaria, si muove in un clima
avvelenato da scontri tra correnti rivali in attesa del congresso, mentre la
sparuta minoranza democratica seguita a vivere da separata in casa. E nel
frattempo la frattura con il mondo reale si fa sempre più insanabile, senza che
la cosa li turbi più di tanto. 18 milioni di italiani hanno votato NO? Problemi
loro, anzi nostri. Domenica scorsa, la gente ha lanciato un messaggio forte e
chiaro, eppure il gioco delle tre carte prosegue. Il turn over degli inquilini
a Palazzo Chigi continua senza ritegno e, piccolo particolare, senza alcuna
ratifica popolare. Fuori Berlusconi (l'ultimo Premier eletto dagli italiani),
dentro Monti. Via Monti, dentro Letta. Defenestrato Letta, si insedia Renzi.
Lascia Renzi, entra Gentiloni, anzi, Renzi travestito da Gentiloni. Sergio
Mattarella come Giorgio Napolitano, dunque. Un file rouge li accomuna: bando a
elezioni, per carità. E' il solito teatrino, insomma: ora ci raccontano che si
deve attendere la sentenza della Consulta sull'Italicum a fine gennaio, che
incombono gli impegni internazionali e che si teme possa esplodere il bubbone
delle banche, Monte dei Paschi in testa. Manca solo il fantasma Formaggino.
Altro che governo ad interim, riforma elettorale e voto subito. Parole, parole,
parole. Cambiano gli attori, ma il film è sempre lo stesso.
Cleopatra,
lunedì 12/12/2016
P.S.
Il Meglio del Peggio vi dà appuntamento a gennaio. Buone Feste a tutti.
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