Per recensire
correttamente l’ultima fatica del buon vecchio zio Neil, occorre avventurarsi
in un paio di riflessioni, indispensabili per una corretta guida all’ascolto.
La prima è che il canadese, come succede a molti artisti quando si trovano ad
affrontare gli ultimi anni di carriera, è divorato dal fuoco di una creatività
coatta, come se si costringesse, consapevole del poco tempo rimastogli, a
pubblicare tutto quello che gli passa per la testa (sono ben quattro i dischi
in studio pubblicati negli ultimi due anni, a cui si deve aggiungere anche il
live Earth). Ne deriva che il risultato di questa “fretta artistica” non sempre
è all’altezza delle aspettative e molto del materiale prodotto nell’ultimo
decennio, avremmo preferito rimanesse a prendere polvere in un cassetto. La
seconda considerazione, invece, riguarda i contenuti di una musica che, nel
corso degli anni, si è fatta sempre più politicizzata. Young, infatti, sta
combattendo la propria personale battaglia a favore dell’ecosistema, contro le
lobbies del potere, la politica guerrafondaia dei vari governi che si sono
succeduti alla Casa Bianca e da ultimo, contro Trump. Un intento assolutamente
commendevole, ma che finisce per premiare i contenuti del messaggio (a volte
fin troppo verboso) a discapito della qualità delle composizioni. Peace Trail è
dunque un disco figlio di queste due circostanze: canzoni composte durante il
tour promozionale di Earth, registrate in pochi giorni presso i Shangri-La
Studios di Rick Rubin (che produce), scarne ed essenziali negli arrangiamenti
(a fianco di Neil ci sono i soli Jim Keltner alla batteria e Paul Bushness al
basso) e politicizzate nella sostanza. E se, da un lato, bisogna applaudire
l’ostinazione con cui il canadese sta in piedi sulla barricata a declamare con
coraggio versi di militanza civile, per converso non si può fare a meno di
prendere atto di un’ispirazione che non riesce mai a decollare. A dire il vero,
non ci sono canzoni pessime e nella prima parte (la seconda è decisamente più
anonima) l’ascolto è anche piacevole. Il tutto, però, alla resa dei conti,
suona prescindibile, e lo sforzo prodotto dal terzetto (affiatato nonostante i
pochi giorni di lavorazione) viene vanificato da qualche sbadiglio di troppo.
Insomma, Peace Trail è l’ennesimo disco dell’ultimo Neil Young: non così brutto
da meritare la stroncatura ma, salvo un paio di episodi riusciti (la title
track e Glass Accident), sostanzialmente inutile.
VOTO: 6
Blackswan, martedì 20/12/2016
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