A soli ventisei anni,
Courtney Mary Andrews ha già all’attivo ben sei album. Un numero di dischi
considerevole se si pensa che Courtney ha iniziato a incidere solo nel 2008.
Non è questo, però, il punto. Ciò che maggiormente stupisce di questa giovane ragazza
è la maturità e la complessità del songwriting, che la pongono come una delle
migliori, se non la migliore, cantautrice della propria generazione. Questo
Honest Life, uscito nel 2016 negli Stati Uniti e a gennaio di quest’anno in
Europa, arriva a confermare quanto appena scritto e a giustificare tutti i
paragoni ingombranti di cui la stampa d’oltre oceano, ma, a ben vedere, anche
quella italiana, ha riempito le pagine delle riviste specializzate. La genesi
dell’album è tutta europea: Courtney ha scritto le dieci canzoni che compongono
la scaletta di Honest Life durante un soggiorno di quattro mesi in Belgio. Nata
a Phoenix, Arizona, ma trasferitasi da tempo a Seattle (dove il disco è stato
registrato), la Andrews è volata a Bruxelles per rielaborare una storia d’amore
finita male. Questa esperienza, il dolore, la solitudine dei giorni vissuti in
terra straniera, la nostalgia di casa, la lontananza dagli affetti, sono gli
argomenti che animano le liriche, delicate e al contempo sincere e dirette, delle
canzoni in scaletta. Le quali hanno bisogno di più ascolti per essere
assimilate, proprio in virtù di un songwriting, che come si diceva si tiene
lontano dai luoghi comuni, pur cesellando melodie irresistibili. Il
cantautorato della Andrews, nonostante sia per sua stessa natura derivativo,
riesce però a suonare comunque attuale, tenendosi lontano da certe
scarnificazioni di facciata che ammorbano molti dischi di genere, che
possiedono più hype che contenuti. Se i riferimenti, ma mai troppo espliciti,
sono gli anni ’70 ed echi West Coast, Emmylou Harris, Carole King e Joni
Mitchell, è incontrovertibile che Courtney sia in grado di maneggiarli con
discrezione, senza riempire di citazioni i brani del disco, ma rielaborando
semmai un suono classico a uso e consumo di una personalità interpretativa
matura e ben strutturata. Arrangiato con misura e suonato da un pugno di musicisti
bravi a tenere un basso profilo per favorire il quadro d’insieme, Honest Life
mantiene il livello alto dall’inizio alla fine, con vette eccelse soprattutto
nella prima parte (Irene è bella da urlo) e nella conclusiva, orchestrale, Only
In My Mind. Tanto che, chi ama il genere ci metterà un attimo a trasformare
Courtney Mary Andrews in un punto di riferimento per il futuro.
VOTO: 8
Blackswan, martedì 21/02/2017
Nessun commento:
Posta un commento