Per la serie ragazzini alternativi in rampa di lancio
ecco arrivare l’omonimo album d’esordio dei newyorchesi Rips, sono in quattro, Dan
(ch, vc), Bono (ch, vc), Gary (bs) e Henry (bt), incidono per l’etichetta
inglese Faux Discx e li produce Austin Brown dei Parquet Courts. Poche altre
notizie disponibili, se non che si son fatti le ossa nei club di Brooklyn fin
dal 2013 arrivando, in tempi più recenti, ad aprire i concerti di band già
affermate come Terry Malts e i già citati Parquet Courts. Tutto il resto da
sapere è racchiuso nelle undici tracce di questo splendido full-lenght. Subito
si viene investiti dal suono aspro e furente delle due chitarre, dagli
interplay vocali, dall’agile quanto implacabile sezione ritmica. Pochi dubbi
sulle lezioni di storia preferite dal quartetto: Television, Feelies, Sonic
Youth, il meglio del Post/Punk chitarristico della New York dei ’70 e degli ’80
mandato a memoria per preservarne e perpetrarne lo spirito. Fondamentale a
questo proposito il ruolo di Austin Brown dietro al banco regia, il classico
prof figo che sostiene la crescita dei suoi talentuosi allievi incoraggiando e
regalando loro preziosi consigli su come aggiornare un background sonoro altrimenti
in odor di stantio: ok i poster in cameretta di Verlaine e Kim Gordon, ok la
collezioni di dischi di mamma e papà, lavoriamo però su uno stile personale che
elimini o quantomeno affievolisca l’effetto old school. I Rips sono bravi e
disciplinati, ascoltano e fanno tesoro, il risultato va oltre ogni aspettativa,
canzoni tutte ben congegnate che sanno di nuovo e fresco anche in ottica 2017.
Il punto di forza del disco è il continuo mutare di
umori e tonalità, la magnifica tensione dell’iniziale Losing II (uno dei pezzi più stuzzicanti ascoltati quest’anno) viene
velocemente stemperata dalle atmosfere solari e rilassate di Malibu Entropy, in Break invece calpestano le orme dello stile Parquet Courts come
anche nella fascinosa Save Room,
quasi degli omaggi al loro produttore e, di risulta, al R’n’R perverso e
decadente dei primi Velvet. Proseguendo nell’ascolto Dan e compagni colpiscono ancora
nel segno tra momenti carichi di frenesia ritmica (l’esplosiva No More, le accelerazioni di Spell) ed altri in cui danno prova di
grande compostezza compositiva (le ballate elettriche Vs e la strappacuore Psychis,
vertice emotivo dell’album). In definitiva, Rips
è un album ribelle e romantico al contempo, in cui non ci si vergogna di volgere
lo sguardo al passato per provare a fare la differenza nel confuso panorama
musicale del presente. Non resta che augurare il meglio ai Rips, hanno vent’anni
e tutta una vita davanti per continuare a picchiar duro sui loro strumenti.
Porter Stout, venerdì 21/07/2017
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