Il 1977 è l’anno in cui il R’n’R riprese ciò che era
già suo. L’anno del Punk, o meglio, l’anno in cui il Punk esplose perché la sua
gestazione fu lunga e articolata, dalle band americane etichettate in seguito
come Proto-Punk, quali Stooges, MC5, New York Dolls fino agli esordi di Patti
Smith e Ramones avvenuti prima rispettivamente nel ‘75 e nel ‘76. Esemplificando
si può affermare che tutto nacque negli USA (principalmente a Detroit e New
York) - come istintiva reazione e possibile via d’uscita dal cul de sac in cui
il Rock s’era infilato per colpa dei suoi “Dinosauri” nella prima metà degli
anni ’70 - per poi trovare in Inghilterra la patria d’adozione dove il Punk crescerà
freneticamente diffondendosi alla velocità della luce. La definizione di “Dinosauri del Rock”, che i punkers
faranno propria per etichettare la maggior parte degli artisti over 30 sopravvissuti
agli anni ‘60, è da attribuire a Robert Fripp che in seguito al primo
scioglimento dei King Crimson avvenuto nel ‘74 ebbe a dire: “Il mondo sta cambiando. Noi viviamo in un
periodo di transizione tra il vecchio ed il nuovo. Il vecchio era
caratterizzato da quello che un filosofo contemporaneo ha definito “la civiltà
dei dinosauri”. Unità enormi, massicce, non molto intelligenti, proprio come i
dinosauri. Un esempio, nel campo della politica, può essere una superpotenza
come gli Stati Uniti. Oppure, in ambito musicale, un supergruppo Rock, con
decine di tecnici, tonnellate di materiale, milioni di dollari d’investimenti.
Tali unità, all’origine, sono nate per rispondere ad un bisogno reale. Poi si
sono messe a fabbricare bisogni artificiali per prolungare la loro esistenza.
In altri termini, sono divenute dei vampiri. Il nuovo mondo appartiene alle
piccole unità mobili, indipendenti ed intelligenti. Al posto delle città,
comunità che si organizzano da sole, una versione moderna dei villaggi. Al
posto di grande gruppo come i King Crimson, una piccola unità mobile,
indipendente ed intelligente.” (1)
Nonostante Fripp fosse tra coloro aspramente criticati dalle
frange più integraliste del movimento Punk, aveva capito tutto e con largo
anticipo. Infatti quando riformerà la band nell’80, riuscirà a ritagliarsi un
posto di rilievo facendo proprie molte delle sonorità del Punk e della New Wave
americana (vedi la trilogia del periodo 81/84 che s’inaugura con Discipline). E’ dunque il Rock che
divora se stesso, “il salto dello squalo” come si dice nel mondo dello
spettacolo quando l’esagerazione incongrua è l’ultima delle carte da giocare.
Nel Rock furono devastanti passaggi epocali come l’introduzione della musica
classica (i Deep Purple che registrano con la Royal Philharmonic Orchestra),
l’affermarsi dell’Heavy Metal melodico con il suo portato di misoginia e
cattivo gusto, il Prog (un movimento quasi del tutto immemore delle influenze
del Blues) che mieteva vittime a colpi di suite, tecnica strumentale accademica,
ostentata e sovraccarica (chitarre a due/tre manici, terrazzamenti di tastiere,
batterie come fungaie), live set interminabili ed oltremodo risibili in tante
sue rappresentazioni. Riferimenti al fantasy e al suo combinato disposto:
leggende nordiche, hobbit, gnomi, fate,
etc. (a questo proposito il geniale e divertentissimo mockumentary This Is Spinal Tap di Rob Rainer
esemplifica l’argomento meglio di tanti scritti).
Una follia se pensiamo a come Presley, Chuck Berry e
gli altri leggendari capiscuola del R’n’R erano riusciti a cambiare il mondo
della musica (e non solo), con una formula semplice quanto efficace prendendo le
sonorità tradizionali Blues e Country e forgiandone materia originalissima ad
uso esclusivo delle nuove generazioni. Bastarono un paio di etichette discografiche
coraggiose (la Sun Records su tutte), chitarre, (contra)basso e batteria, jeans
attillati e giubbotti alla Marlon Brando: la rivoluzione musicale e culturale
più desiderata ed immediata della storia. Sponsor migliori tutte le lobby conservatrici
dell’America di quegli anni (integralisti cattolici, anticomunisti,
associazione per la salvaguardia della famiglia tradizionale), uno per tutti il
mitico giornalista di Variety che nel 1955 affermò: “Il Rock’n’Roll morirà entro giugno.”
Per il Punk non si può quindi asserire che fu una vera
e propria rivoluzione musicale rappresentò, più semplicemente, il necessario
tentativo di restaurazione delle forme originarie del Rock facendo proprie
alcune caratteristiche dei sixties prima dell’avvento dei mega concerti negli
stadi e dei contratti a sei zeri che, in meno di un decennio, trasformò il Rock
prima in star-system e poi in inammissibile show-business. Tra le similitudini
più evidenti il ritorno alle esibizioni nei piccoli club come il CBGB’s a New
York e il Roxy a Londra, il 45 giri come mezzo promozionale economico e di più
facile distribuzione (gli album arriveranno più in là). Un ruolo importante lo
ebbero anche le etichette indipendenti, così come le intendiamo ancora oggi, le
fanzine che contribuiranno alla crescita e all’affermazione di tutto il
movimento (tra le più popolari Sniffin’ Glue in UK e Slash negli Usa) e alcuni
dj radiofonici come il mitico John Peel della BBC. Tra i generi preferiti dai punkers,
il Mod, il Garage, lo Ska. Insomma tutta la musica degli anni ‘60 che non seppe
mai incontrare pienamente le preferenze del grande pubblico.
La vera novità va invece ricercata nell’apparato
scenico disturbato e disturbante, questo sì del tutto inedito. In primo luogo l’impatto
visivo volutamente scioccante con musicisti e pubblico abbigliati spesso allo
stesso modo: capigliature con creste moicane, jeans strappati, t-shirt
personalizzate su cui veicolare istanze nichiliste ed incitamenti tout court
alla disobbedienza civile e sociale, oggetti del quotidiano decontestualizzati
utilizzati come accessori (spille da balia, catenelle strappate agli scarichi dei
wc, vecchie medaglie, collari per cani, etc), la sporcizia come sfondo
identitario, metafora di un diffuso malessere giovanile soprattutto tra il
proletariato delle periferie inurbate. Una nuova moda che nacque all’insegna
del trash che rimarrà prerogativa dei vicoli e delle strade solo per poco
riempiendo presto le vetrine del fashion. Un’altra peculiarità del movimento Punk
fu che molte band si organizzarono attorno a figure femminili carismatiche,
fenomeno rarissimo prima d’allora: Siouxsie, Poly Styrene, Debbie Harris, Joan
Jett, le Runaways come le Slits e le Raincoats.
Con l’arrivo delle major il Punk diventa un affare a
tutto tondo, EMI, Virgin, Elektra, Polydor si buttano a capofitto offrendo
contratti milionari a chiunque avesse il look giusto a scapito della qualità
musicale. Un enorme emporio a cielo aperto in cui acquistare di tutto un po’ e che
vedrà tra i suoi massimi protagonisti quel Malcon McLaren, regista per nulla
occulto, dell’ascesa alla notorietà mondiale dei Sex Pistols e della “Grande
truffa del Rock’n’Roll”, il docu-film di Julian Temple che fece dubitare
dell’autonomia e della genuinità dei Pistols ma anche delle altre band di primo
piano. Gli stessi Clash furono accusati di aver ucciso lo spirito originario
del movimento quando firmarono per la CBS che produsse il loro omonimo esordio.
Il Punk che divora se stesso!
In questi episodi le contraddizioni di un movimento
complesso e diversissimo nelle sue manifestazioni che comunque darà luogo a
decine di esordi memorabili (tante le pietre miliari) che cambieranno per
sempre le vicende del Rock. Ne menzioniamo solo alcuni, tutti venuti alla luce
nel ’77. In Gran Bretagna:
Clash, Damned, Wire, Stranglers, Jam, Buzzcocks, Elvis Costello, Ultravox. Negli
Stati Uniti: Talking Heads, Television, Dead Boys, Richard Hell & The Voidoids,
Suicide, Chrome, Devo, Johnny Thunders & The Heartbreakers. In
Australia: Saints e Radio Birdman. In giro per il mondo vale la pena citare i
francesi Métal Urbain, i tedeschi Kraftwerk, i canadesi Viletones, e, qui da
noi, i Chrisma e gli Skiantos. Questi ultimi affini al movimento studentesco
bolognese che vide in Radio Alice uno dei pochissimi mezzi di diffusione in
Italia ad occuparsi ampiamente del fenomeno Punk. Qualche anno dopo nasceranno
le nostre riviste musicali storiche: Mucchio Selvaggio, Rockerilla, Musica 80,
sulle quali si formeranno tutti gli appassionati italiani del vecchio come del
nuovo Rock’n’Roll, ovvero il Punk.
In conclusione, senza l’avvento del Punk e delle
innumerevoli digressioni prese dalla New Wave nei tre/quattro anni successivi,
difficilmente avremmo vissuto stagioni musicali altrettanto esaltanti nelle
decadi a noi più vicine. Hardcore, Paisley Underground, Grunge, Indie,
Alternative, Stoner, etc. tutti figli, imbastarditi finché si vuole, di quella
incredibile, esaltante, “rivoluzionaria” annata.
(1) "IL ROCK, star-system e società dei consumi. David
Buxton (Ed. Lakota, 1987)
Porter Stout, venerdì 04/08/2017
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