Trentenne,
originaria di Bowmanville, Ontario, Meghan Patrick si è affacciata al
mondo della musica come leader degli Stone Sparrows, popolarissima roots
band canadese, che è stata in attività fino al 2013. A partire da
questa data, la Patrick ha iniziato a mettere in piedi un progetto di
attività solista, che si è concretizzato con la firma di un contratto
per la Warner Music Canada e quindi con la pubblicazione di Grace &
Grit, album d’esordio del 2016, che ha trasformato Meghan in una
stellina del country canadese, grazie a un pugno di singoli che hanno
scalato le classifiche nazionali (su tutti Bow Chicka Wow Wow, una vera
bomba).
Un
successo di pubblico e di critica che è valso alla cantante un bel
filotto di nomination e di premi, tra cui due CCMA Awards (il Grammy
canadese) come artista donna dell’anno e come miglior esordiente. Questo
nuovo Country Music Made Me Do It conferma quanto di buono fatto in
precedenza e si profila, a pochi giorni dall’uscita nei negozi
specializzati, come l’ennesimo successo commerciale. Una premessa, però,
è d’obbligo: nonostante l’esplicito titolo dell’album, questo
sophomore, ancor più del suo predecessore, è soprattutto un disco di
pop, concepito per scalare le classifiche.
Canzoni
di facilissima presa, appeal radiofonico e giusto qualche spruzzata di
roots e rock per dare un po’ di sostanza alla scaletta. Insomma, i
riferimenti di Meghan sono tutti nashvilliani, e non è un caso che a
produrre sia Jeremy Stover, songwriter e produttore, che in Tennesse ha
messo radici artistiche e che è noto per essere l’alter ego di Justin
Moore. Agli amanti del country, si sa, la parola Nashville fa storcere
il naso ed è considerata come sinonimo di mainstream, zuccheri e
svenevolezze assortite.
Eppure,
la Patrick, pur sfornando un prodotto che più commerciale non si può,
ha dalla sua un pugno di canzoni davvero buone, canta divinamente e,
soprattutto, risulta credibile e genuina. La title track apre il disco
con una dichiarazione d’amore per il genere che l’ha fatta innamorare
fin da quando era piccina: country per modo di dire, certo, brano
sfacciatamente pop, ritornello vincente e assai furbetto, ma canzone
irresistibile. Gli omaggi continuano anche nella seconda traccia del
lotto, intitolata esplicitamente George Strait, artista che gli
americani considerano The King Of Country e una vera e propria leggenda
vivente. Anche in questo caso, che è di sicuro il pezzo più roots del
lotto, la scrittura è cristallina e i ganci melodici si sprecano.
E’
questo il leit motiv di un disco di facile presa, eppure al contempo
ispirato e divertente: Meghan non nasconde i suoi intenti, ma gestisce
la materia con misura e sapienza, evitando, è questo il rischio più
grave quando si maneggia il sound nashvilliano, di sbracare nel melenso.
Così risultano vincenti quasi tutte le scelte in scaletta, sia quando
la Patrick utilizza un filo di elettronica in The Bad Guy, sia quando sfodera la chitarra elettrica in The Buzz o quando accenna un riff swamp in Hardest On My Heart. Chiude Underrated,
ballata dal retrogusto vagamente sixties, che sigilla un disco
orecchiabile e radiofonico, ma decisamente centrato. Non tutto il
mainstream viene per nuocere, se fatto con intelligenza: Meghan Patrick
ne è la prova provata. Brava!
VOTO: 7
Blackswan, mercoledì 24/01/2018
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