In
un fiordo nel Nord dell’Islanda, in una bella giornata di giugno un
turista alla scoperta delle meraviglie del paese finisce davanti a una
casa solitaria, an cora in costruzione. A terra, accanto a un furgone,
c’è il corpo immobile di un uomo sfigurato. Qualcuno lo ha ucciso con
un’asse di legno. Il caso passa nelle mani della polizia locale e tocca
ad Ari Þór fare ricerche sulla vittima. Si tratta di Elías Freysson, a
detta di tutti «una persona a posto», un forestiero molto impegnato in
attività benefiche e coinvolto nella costruzione del nuovo tunnel che
spezzerà l’isolamento ma anche l’incanto di Siglufjörður. Mentre nere
nubi di cenere avvolgono il Sud dell’isola, colpito da una serie di
violente eruzioni vulcaniche, a seguire gli sviluppi dell’indagine
arriva dalla capitale Ísrún, misteriosa inviata della redazione del
telegiornale, il cui assillante interesse per l’omicidio sembra andare
al di là di una ragionevole caccia allo scoop. Forse la beneficenza di
Elías e i suoi numerosi viaggi nascondevano dell’altro? O è piuttosto
la stessa Ísrún a custodire un segreto? Per Ari Þór e i colleghi,
distratti da una serie di problemi privati tra cui faticano a mettere
ordine, il caso si fa ingarbugliato. L’unica possibilità per venirne a
capo è tornare indietro negli anni e risalire alle radici del male.
Perché quella terra magica, dominata da una natura primitiva e
impetuosa, custodisce eventi drammatici che, taciuti per troppo tempo,
hanno generato istinti violenti e sensi di colpa, facendo sì che per
qualcuno anche le notti più luminose fossero le più buie.
“Libro dell’anno per i lettori di The Guardian”, così recita la copertina de I Giorni Del Vulcano, secondo
volume della serie Dark Iceland, a firma dello scrittore islandese
Ragnar Jonasson. Un invito al quale sembra impossibile resistere, visto
che proviene dai lettori di uno dei più diffusi e stimati tabloid
britannici. Peccato che, già a metà romanzo, sorgano seri dubbi
sull’autorevolezza dell’endorsement d’oltre Manica (e, soprattutto, su
cosa siano abituati a leggere gli acquirenti del quotidiano inglese).
Sono
molti, infatti, i motivi per cui questo libro si rivela una mezza
delusione, a partire dalla prosa di Jonasson, che magari avrà perso
qualcosa nella traduzione (chi può dirlo?) e che tutto sommato risulta
ordinata e scorrevole, ma che, dopo qualche pagina, si dimostra molto
banale, poco ricercata e assai ripetitiva. Non c’è un guizzo, non c’è un
passaggio memorabile, non c’è nulla che elevi queste duecentosessanta
pagine dal minimo sindacale di un compitino del liceo. Tuttavia, dal
momento che I Giorni Del Vulcano è un thriller, e quindi un romanzo
d’evasione, una scrittura densa e ricca non è quel che si dice
indispensabile.
Un
minimo di palpito, invece, lo sarebbe. E qui, arrivano le dolenti note:
questo è un thriller che raggiunge l’opposto del suo scopo, e cioè
annoia, visto che, per quanto Jonasson si sforzi, non ci sono colpi di
scena degni di questo nome e il ritmo è, a dir poco, compassato. Intorno
alla vicenda dell’omicidio di Elias Freysson si muovono, poi, tanti
personaggi, ognuno con la propria storia da raccontare, che però, alla
resa dei conti, risulta sostanzialmente inutile all’intreccio narrativo.
Il
mistero, che è l’oggetto di cotanta trama, viene dipanato nel modo più
banale possibile, l’ambientazione, che potrebbe essere estremamente
suggestiva se adeguatamente tratteggiata, è tanto sfumata che al posto
del Nord dell’Islanda il romanzo potrebbe svolgersi anche a
Casalpusterlengo, gli snodi sono forzatissimi e improbabili, e i
dialoghi possiedono la stessa intensità di un’ordinazione al banco del
salumaio nel supermercato sotto casa.
Resta
da sviscerare l’aspetto relativo ai personaggi che, mi verrebbe da
dire, in modo consunto ma appropriato, sembrano tagliati con l’accetta,
se non fosse che, nello specifico, Jonasson ha utilizzato una scure da
vichingo, colpendo peraltro un po’ a casaccio. Il risultato è un infuso
di inutilità assortite, che induce sbadigli e sonnolenza, e che viene
buono da usare solo se in casa sono finite sia le scorte di camomilla
che quelle di Tavor. Deciderete voi, poi, chi ha ragione: il
sottoscritto o i lettori del The Guardian.
Blackswan, sabato 21/04/2018
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