30
luglio 1994. La cittadina di Orphea, stato di New York, si prepara a
inaugurare la prima edizione del locale festival teatrale, quando un
terribile omicidio sconvolge l'intera comunità: il sindaco viene ucciso
in casa insieme a sua moglie e suo figlio. Nei pressi viene ritrovato
anche il cadavere di una ragazza, Meghan, uscita di casa per fare
jogging.
Il
caso viene affidato e risolto da due giovani, promettenti, ambiziosi
agenti, giunti per primi sulla scena del crimine: Jesse Rosenberg e
Derek Scott. 23 giugno 2014. Jesse Rosenberg, ora capitano di polizia, a
una settimana dalla pensione viene avvicinato da una giornalista,
Stephanie Mailer, la quale gli annuncia che il caso del 1994 non è stato
risolto, che la persona a suo tempo incriminata è innocente.
Ma
la donna non ha il tempo per fornire le prove, perché pochi giorni dopo
viene denunciata la sua scomparsa. Che cosa è successo a Stephanie
Mailer? Che cosa aveva scoperto? Se Jesse e Derek si sono sbagliati sul
colpevole vent'anni prima, chi è l'autore di quegli omicidi? E cosa è
davvero successo la sera del 30 luglio 1994 a Orphea? Derek, Jesse e una
nuova collega, la vicecomandante Anna Kanner, dovranno riaprire
l'indagine, immergersi nei fantasmi di Orphea. E anche nei propri.
Coloro che, come il sottoscritto, hanno amato alla follia La Verità Sul Caso Harry Quebert,
molto probabilmente non si sono persi un’uscita editoriale a firma del
giovane narratore svizzero, rimanendo, però, un po' delusi. Quel
romanzo, il terzo in ordine cronologico, ma il primo pubblicato in
Italia nel 2013, resta, infatti, un unicum tra le opere di Dicker: un
libro tanto furbo e mainstream, quanto geniale, capace di miscelare ad
un ritmo pazzesco thriller e love story.
Dopo il pessimo Gli Ultimi Giorni Dei Nostri Padri e il discreto Il Libro Dei Baltimore, spin off da Harry Quebert,
Dicker torna nei negozi con un romanzo finalmente all’altezza della sua
fama, una crime story a tinte fosche ambientata negli Hamptons,
ennesima lussuosa enclave dell’alta borghesia statunitense, location
nella quale la fantasia del narratore svizzero continua a trovarsi
perfettamente a suo agio (vedasi anche la fittizia cittadina di Aurora
in Harry Quebert).
Non tutto funziona a dovere ne La Scomparsa di Stephanie Mailer
e Dicker palesa i consueti limiti che paiono, temo, inemendabili: la
prosa è abbastanza anonima, alcuni snodi narrativi sono forzati,
l’approfondimento psicologico dei personaggi è pressoché nullo, e certi
dialoghi sono puerili al limite del ridicolo.
Ciò
nonostante, il romanzo regge benissimo e si fa divorare in un fiato
dalla prima all’ultima delle settecento pagine che lo compongono. Perché
se è fuor di dubbio che non ci troviamo davanti a un novello
Dostoevskij, è altrettanto vero che Dicker, nonostante ingenuità e
banalità assortite, il suo lo fa fare.
La
trama è complessa, ma mai confusa, la gestione dei flash back è
straordinariamente equilibrata, il ritmo è adrenalinico e privo di
pause, i colpi di scena si susseguono numerosi e senza soluzione di
continuità, il finale è plausibile e imprevedibile, e lo sguardo
sull’alta borghesia newyorkese risulta sempre centrato e convincente.
Se
cercate qualcuno che scriva da Dio, evitate accuratamente questo
romanzo; ma se il vostro intento è quello di godervi un po' di relax con
un buon libro di puro intrattenimento, La Scomparsa di Stephanie Mailer
fa sicuramente per voi. Insomma, siamo di fronte al classico romanzo da
leggere sotto l’ombrellone: non lo mollerete un secondo, nemmeno per un
tuffo rinfrescante quando la canicola incalza.
Blackswan, giovedì 21/06/2018
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