Donna,
27 anni, un marito e tre figli piccoli. Sembra il profilo di una
casalinga che passa il tempo ad accudire casa e ad allevare marmocchi o
che magari, per sbarcare il lunario, fa i salti mortali svolgendo anche
un lavoretto part-time. E’ questa la situazione in cui si trovava Lori
McKenna nel 1996, anno in cui inizia a dedicarsi professionalmente alla
musica.
Certo,
Lori ha sempre scritto canzoni e suonato la chitarra fin da piccola, ma
la piega presa dalla sua vita non avrebbe mai fatto immaginare un
futuro nello star system. Invece, una sera, quasi per gioco, si mette a
cantare durante una open night mic alla Blackhorn Tavern, un locale nei
pressi di Easton (Massachusetts), impressionando talmente il pubblico
che viene ingaggiata in pianta stabile dai proprietari. La nota, così,
anche il manager Gabriel Unger, che la sprona a fare le cose sul serio e
le produce quattro cd indipendenti, a distribuzione limitata, che però
non passano inosservati. Viene infatti messa sotto contratto dalla
Signature Sounds Records, vince un Boston Music Award e inizia a suonare
in giro per gli States.
Nel
2007, fa un’apparizione in tv, al seguitissimo Oprah Winfrey Show, e
poco dopo firma un contratto con una major, la Warner Bros. Da questo
momento in poi, i suoi dischi fanno capolino regolarmente nelle parti
alte delle classifiche di genere e il suo nome inizia a circolare
insistentemente negli ambienti che contano. Lori, comincia, così una
parallela carriera di autrice, scrivendo canzoni che poi verranno
suonate e portate al successo da altri artisti.
Nel 2015, vince il Country Music Association Award per la canzone dell’anno con Girl Crush, portata al successo dai Little Big Town; nel 2016, vince il Grammy Award per la miglior canzone country sempre con Girl Crush e si porta a casa un altro Country Music Association Award per Humble And Kind, interpretata questa volta dall’amico Tim McGraw. Ma non è finita: con The Bird & The Rifle,
penultimo disco in ordine cronologico datato 2016, viene candidata a
ben tre Grammy Award, e vince un Academy Of Country Music Awards come
songwriter dell’anno.
Una
carriera, dunque, costellata di successi e grandi soddisfazioni, che,
tuttavia, Lori vive sottotraccia e senza enfasi, preferendo
l’understatement da persona comune alle luci della ribalta. E’ questo il
motivo per cui il mondo ancora non si è accorto della grandezza di
questa artista che, anno dopo anno, sforna dischi uno più bello
dell’altro. Se The Bird & The Rifle era un gioiello da sfoggiare fra
le cose americane migliori uscite nel 2016, The Tree non solo ne
ribadisce la stordente intensità, ma lo supera ai punti per una qualità
compositiva che non lascia scampo.
Se
poi, come per il predecessore, in produzione ci mette mano Dave Cobb,
che asseconda il talento della McKenna limitandosi a curare i dettagli e
a rendere omogeneo il suono, allora diventa davvero difficile non usare
parole altisonanti per raccontare questo disco. Un suono
deliziosamente retrò, che guarda agli anni ’70 senza passatismo, la voce
calda di Lori, la triangolazione equilibrata fra folk, rock e country, e
la sensazione di passare la mano sul velluto di arrangiamenti
morbidissimi, sono gli elementi principali di un filotto di canzoni
superbe, che la songwriter del Massachusetts plasma con classe infinita e
con una straordinaria misura nell’equilibrare le emozioni.
Non c’è una sola canzone di The Tree
che non faccia inumidire gli occhi e venire il groppo in gola, eppure
non c’è alcun artificio o strattagemma che giochi con il ricatto della
lacrima facile. Prevale su tutto, semmai, la sincerità artistica e
l’onestà di canzoni senza fronzoli, che raccontano con profondità i
momenti ordinari di esistenze ordinarie. Inizia così The Tree,
con la struggente A Mother Never Rest, una madre non riposa mai,
nostalgica riflessione sui figli che crescono e prendono la loro strada,
così come nostalgico è l’omaggio al proprio padre, oggi ottantatreenne,
in People Get Old, in cui Lori canta “You still think he’s 45, and he still thinks that you’re a kid”.
Riflette
sulla vita, la McKenna, sulle quelle esperienze affettive che potrebbe
devastarti, ma che alla fine ti rendono più forte e coraggiosa (You Can’t Break A Woman), sugli impeti della gioventù, su quell’urgenza e quell’impazienza che spinge i giovani a volere tutto e subito (Young And Angry Again, con
un suono di chitarra che rievoca Emmylou Harris e la sua Hot Band) e
sulla perdita dell’innocenza e la consapevolezza dell’età adulta (in The Lot Behind St Mary’s, Lori canta di: the love we made before our teenage dreams were buried).
Non c’è un solo riempitivo in The Tree, né un momento di stanca, a
dimostrazione dello stato di forma di un’artista che continua a sfornare
dischi indispensabili. Tanto che, a voler usare l’iperbole,
basterebbero i due minuti di struggente perfezione di You Won’t Even Know I’m Gone a farci gridare al miracolo e a renderci felici di aver comprato questo disco.
VOTO: 8
Blackswan, martedì 21/08/2018
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