lunedì 15 ottobre 2018

KRISTINA MURRAY - SOUTHERN AMBROSIA (Loud Magnolia Records, 2018)

Southern Ambrosia è un’autentica sorpresa, e non solo da un punto di vista musicale, grazie alle belle canzoni che ne costellano la scaletta, ma anche, e soprattutto, per le liriche dei brani che Kristine Murray cesella con lirismo, consapevolezza e indubbia affabulazione.
C'è una ragione per cui il Sud degli States produce un’influenza romantica nei cuori di molti dei suoi abitanti e nativi e suggestiona con aria di mistero e folclore coloro che lo osservano da lontano. Ci sono molte parti del mondo più antiche, con alle spalle grandi tradizioni e storie importanti di epiche battaglie militari, di grandi civiltà che hanno regnato e guerreggiato, di antiche reliquie che si celano negli anfratti della terra.
Ma molti di questi luoghi non riescono a suggerire lo stesso mistero e la stessa attrazione di una terra come, ad esempio, la Georgia, tanto che, verrebbe da dire, l’incanto è probabilmente la più grande risorsa del Sud. 
Una linea sottile fra peccato e la redenzione attraversa le storie raccontate dalla Murray, allo stesso modo in cui la cresta degli Appalachi attraversa la regione. Come spesso è il Sud del mondo, anche quello americano è terra di contrasti, di incalcolabili ricchezze estratte sul suolo, anche se talvolta attraverso tragedie immense come lo schiavismo, e di una povertà e un’ignoranza che vivono parallele, e che sono paragonabili solo a quelle di un paese del terzo mondo.
Sono questi i temi che diventano la fonte di ispirazione per Southern Ambrosia di Kristina Murray. Da dietro i suoi occhi tristi, la songwriter non si limita a sviscerare i dolori della propria esperienza, ma tutti i dolori di un intero popolo. Anche quando piange per le bollette al tavolo della cucina, imprecando per un padre assente o temendo che la vita stessa non sia altro che un lento processo di morte, Murray è spietata nel suo sforzo di farti sentire il dolore personale attraverso storie immaginarie che diventano fin troppo chiaramente reali e universali.
Se è vero che all'interno di questi racconti c'è anche la piccola ricchezza della vita quotidiana del Sud, vista con gli occhi di chi è innamorato della propria terra, è altrettanto vero che la Murray si sofferma però sempre sulla fatica e il dolore di battaglie quotidiane, con la consapevolezza che Dio ignora le suppliche degli ultimi, che quando “pregano per la pioggia, arriva l’alluvione”.
Figlia selvaggia della Georgia del Sud, Murray ombreggia le sue storie con inaspettata profondità, e le sue scelte vocali sono in parti uguali inebrianti, spietate, incisive. "Quando sei morto e bello che andato, Non c'è niente che loro possano rubare, Non ne so molto, Ma questo è per un fatto, L'unica cosa che ti potranno prendere sarà il duro lavoro che hai fatto”, canta nella commossa preghiera di Potter's Field, soffermandosi sulla paura dell’aldilà e lo sfruttamento del lavoro terriero, mentre la ballata bluesy di Made In America, apre il disco soffermandosi sul tema della sofferenza e riflettendo sul fatto che bisogna “imparare a combattere e bere e pregare e vivere proprio attraverso il dolore”.
Kristine è capace di raccontare di dipendenza dall’eroina senza mezzi termini, attraverso la grinta honky tonk di The Ballad of Angel and Donnie, o tratteggiare il quadro tragico di una società in cui “troppe persone di buon cuore, vivono al limite, camminando in giro come se fossero già morti” nell’Americana dritta e diretta di Slow Kill.
Prodotto da Michael Rinne, noto per il suo eccezionale lavoro con Caroline Spence, Kelsey Waldon e Erin Rae, e grazie al contributo di validi musicisti (tra gli altri, Kris Donegan alla chitarra elettrica e slide, Justin Schipper alla pedal steel e dobro, Ian Fitchuk al piano, lo stesso Michael Rinne al basso, Fred Eltringham alla batteria, John Mailander al violino e Rob McNelley alla slide), Southern Ambrosia è un disco che contiene osservazioni intelligenti e profonde sulla società, capaci di cogliere nel segno come un cazzotto ben assestato, ma che non perdono mai un briciolo del calore che avvolge un suono perfettamente equilibrato.
Perché, anche quando la Murray canta su come "la vita ti ferisce come l'ustione di sigaretta”, raccontando il passaggio dall’infanzia alla cruda realtà dell’età adulta, c'è una spumosità levigata che, tutto sommato, rallegra i sensi.
Chiude il disco la scabra bellezza di Joke’s On Me, esitante ballata attraversata da violini e dal ripetuto e fulminante verso “dicono sempre di ascoltare il tuo cuore, immagino che il mio vecchio cuore non sia così intelligente”, che la racconta lunga sulla qualità di scrittura della Murray e sul perché perdere questo disco sarebbe un delitto.

VOTO: 7,5





Blackswan, lunedì 15/10/2018

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