Quello
che ha portato i Greta Van Fleet a un evidente successo mediatico, è
stato un rapido ma impetuoso crescendo rossiniano, iniziato, due anni
fa, con la pubblicazione di un paio di Ep e di qualche singolo, che
hanno attirato l’attenzione della stampa e, soprattutto, del pubblico.
Questa
giovane band, di cui non sempre si parla in termini lusinghieri, si è
conquistata una notevole visibilità anche da noi, soprattutto fra le
giovani generazioni che stranamente hanno recepito come vicinissima a
loro una musica che, benché suonata da dei ventenni, ha una genesi
lontanissima nel tempo.
I
Greta Van Fleet, per chi non avesse ancora orecchiato il brusio di
fondo delle discussioni fra fan e detrattori che nelle scorse settimane
hanno animato il web, sono una band derivativa, che più derivativa non
si può. I quattro, basta anche un fugace ascolto di uno a caso dei loro
brani, sono cresciuti ascoltando i dischi di mamma e papà, con un
interesse specifico all’hard rock anni ’70 di matrice britannica. Tanto
che, e qui casca l’asino, il loro passatismo è diventato sommamente
divisivo tra chi vede nei GVF i nipotini dei Led Zeppelin e chi, invece,
li considera una semplice tribute band del combo capitanato da Page e
Plant.
Difficile
venire a capo di questa diatriba, in cui ognuna delle tesi antagoniste è
comunque ben motivata. Non resta dunque che spendere due parole su Anthem Of The Peaceful Army,
esordio sulla lunga distanza che, a prescindere da ogni considerazione
di merito, è indubbio stia ottenendo un inaspettato successo commerciale
(i biglietti per l’unica data italiana della band, prevista per
febbraio, sono andati esauriti in poche ore).
I
Greta Van Fleet, iniziamo con l’ovvio, non inventano proprio nulla, e
si fanno portabandiera di una musica dal sapore antico che,
evidentemente, possiede oggi le stigmate dell’evergreen, facendo
riferimento a un gruppo iconico degli anni ’70. A favore di questi
quattro giovanotti provenienti dal Michigan, bisogna dire che sono emuli
ma non falsari: le canzoni, ma non tutte, riproducono un suono noto (cosa
che hanno fatto quasi tutti quelli si accingono a suonare questo tipo di
rock), pur cercando in alcuni casi di deviare dal seminato con brevi ma
riusciti scostamenti.
A
orecchie allenate, è fuor di dubbio che il cantante Joshua Kiszka
abbiamo imparato a memoria le parti vocali di Robert Plant e che il
batterista Daniel Wagner ogni volta che si guarda allo specchio riveda
la faccia di John "Bonzo" Bonham: ne risulta che molte canzoni del lotto
abbiano proprio quel suono lì. Alcune, per quanto sembrino degli
outtakes dagli album degli Zep, sono anche riuscite, e hanno un impatto
emozionale niente affatto male (The Cold Wind, When The Curtain Falls); altre, invece, pur continuando a pagare debito all’originale, si mantengono a un livello qualitativo inferiore (The New Day pesca dal repertorio più pop della band inglese).
Si intravede, come si diceva, anche un piccolo sforzo di uscire, se non dal citazionismo, almeno dal prevedibile: l’iniziale Age Of Man, con i suoi accenti prog e la melodia di facile presa, è un brano assolutamente centrato, così come Brave New World, ballata cupa e possente che sembra suonata da degli Yes ruvidi ed essenziali.
Accettato
come un dato di fatto che i Greta Van Fleet suonano come i Led Zeppelin
ma non sono e non saranno mai i Led Zeppelin, di Anthem Of The Peaceful Army
si può dire solo quello che si dice di ogni disco derivativo: se c’è un
debito, questo va pagato almeno con delle buone canzoni. In questo
esordio, di brani discreti ce n’è più d’uno e ciò basta per renderlo
piacevole e divertente.
Se
poi questi quattro ragazzi decidessero di crearsi uno stile proprio,
sarebbe meglio, anche perché, al di là dei paludamenti seventies, le
qualità si intravvedono. Per il momento, godetevi il disco: se vi
piacevano i Led Zeppelin, i Greta Van Fleet non vi dispiaceranno; se,
invece, non conoscevate gli originali, prendete il disco come una porta
aperta sul passato. Scoprirete cose incredibili.
VOTO: 6,5
Blackswan, sabato 03/11/2018
5 commenti:
Molti gruppi che proponi non li conosco e con te per la prima volta ho avuto modo di ascoltare, come questo gruppo che ho apprezzato molto. Mi piace molto il tuo blog, complimenti ed un abbraccio è sempre un immenso piacere entrare nel tuo mondo.
@ Angeloblu: grazie, sei gentilissima. Ricambio l'abbraccio: è un piacere avere lettori come te.
Condivido in toto.
Sono bravi ma un po' troppo simili agli Zep.
Anche se qui e là si sforzano di fare qualcosa di più originale.
Sarà interessante risentirli nei prossimi album.
Sperando che non li intitolino GVF II e GVF III :-D
Oh, ma perchè esco come anonimo?
Sono Ezzelino.
@ Ezzelino: battuta strepitosa! :))))
Posta un commento