Solitamente,
viene abbastanza spontaneo leggere New Orleans e pronunciare jazz.
Tuttavia, i The Revivalists, pur essendo originari della città più
famosa della Lousiana e nonostante gli otto elementi che compongono il
combo, sono lontanissimi dall’essere una brass band. La loro, semmai, è
una musica che, pur ereditando dal Sud un’inflessione decisamente soul,
sta in bilico sul confine fra rock (non molto) e pop (tantissimo).
Formatisi
nel 2007 e composti da Ed Williams (pedal steel guitar, chitarra),
David Shaw (voce), Zack Feinberg (chitarra), Rob Ingraham (sassofono),
George Gekas (basso), Andrew Campanelli (batteria), and Michael Girardot
(tastiere e tromba), i The Revivalists sono arrivati oggi a pubblicare
il loro quarto album, che corona una carriera in crescendo in termini di
vendite e di ascolti (il loro penultimo Men Amongst Mountains ha ottenuto più di due milioni di ascolti su Spotify ed arrivato nella top five di Billboard Heatseekers).
Per
questo nuovo lavoro, la band non ha badato a spese, e ha fatto le cose
veramente in grande. Il disco, infatti, è stato registrato presso i
mitici RCA Studios di Nashville e il gruppo si è avvalso del contributo
di tre grandi produttori: il Re Mida del suono americano, Dave Cobb,
Andrew Dawson (già al lavoro con Kanye West) e Dave Bassett (Elle King,
Vance Joy). Una formula collaudata in mano a tre fuoriclasse come quelli
citati non poteva che produrre un ottimo risultato, visto che Take Good Care ha iniziato a scalare le classifiche statunitensi e il primo singolo, All My Friends, è balzato alla prima piazza delle charts radiofoniche di Billboard.
Ed
è questa, in fin dei conti, la vera essenza di un album che nasce
proprio confezionato per le radio e per un pubblico più aduso a sonorità
mainstream. Così, l’impatto per chi pensa di trovarsi di fronte a un
disco di alternative rock (questa l’etichetta con cui vengono
generalmente catalogati i The Revivalists) non sarà certo dei migliori: Take Good Care,
infatti, è un disco di pop, leggero e accattivante, prodotto con
moderna eleganza, ma privo completamente di quello spessore che lo
renderebbe un prodotto fruibile per chi ama canzoni in cui la sostanza
prevale sulla forma. Non fraintendetemi, non sto scrivendo di un disco
di merda, ma di un lavoro, per quanto divertente, che viene buono
ascoltare solo nei momenti votati al totale disimpegno. Quindici brani,
per circa un’ora di musica, che puntano tutto sul refrain orecchiabile,
impastando la materia pop con la farina (molto raffinata) della black
music.
Se un paio di canzoni (Oh No e Future)
sfoggiano chitarroni distorti e un’inclinazione molto power, che si
scosta dal mood prevalente della scaletta, riuscendo a conquistarsi il
podio delle cose migliori, il resto del disco, però, non supera un
accettabile standard di prevedibile e innocua piacevolezza. Gli echi
gospel dell’iniziale Otherside Of Paradise, che avvolgono un
morbidissimo arpeggio di chitarra, danno la misura di una proposta che
non riesce quasi mai a superare lo steccato radio friendly. Mood,
questo, confermato nel singolone All My Friends, già citato, vestito di modernissimo r’n’b’, in Change, che si poggia su una vaga struttura funky, o in When I’m With You in cui la derivazione da un suono sixties è abbondantemente annacquata da una melodia ruffiana e furbetta.
Take Good Care,
in definitiva, possiede una veste formale ineccepibile e raccoglie un
filotto di potenziali hit, che suonano divertenti ma non lasciano il
segno. La musica è anche divertimento e leggerezza, per carità, e tra
l’altro, i The Revivalists hanno almeno il merito di non sbracare mai
nel pacchiano o nel tamarro. Se, invece, cercate impegno, passione o
originalità, meglio soprassedere e guardare altrove.
VOTO: 6
Blackswan, martedì 27/11/2018
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