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nel 2016 l’avventura con i Richmond Fontaine a favore di una sempre più
assorbente attività di romanziere, Willy Vlautin torna sulle scene
musicali con il suo side project, The Delines, e un disco, The Imperial, seguito dell’ottimo Colfax,
risalente ormai a cinque anni fa. Una pubblicazione, questa, che se da
un lato consolerà i tanti fan afflitti dalla chiusura della “casa
madre”, grazie a standard qualitativi come sempre elevati, dall’altro,
conferma che, nonostante le tempistiche dilatate, i Delines sono
qualcosa in più di un semplice esperimento o l’estemporaneo
divertissement di un gruppo di musicisti provenienti da diverse
estrazioni.
Una sorta di “super gruppo”,
composto da nomi noti a chi conosce almeno un po’ la scena alternativa a
stelle e strisce: Jenny Conlee, tastierista dei The Decemberists,
Tucker Jackson proveniente dai Minus 5, Sean Oldham, anch’egli dei RF,
Amy Boone che presta le propria voce al progetto Damnation TX. E poi,
come detto, Willy Vlautin, ispiratore del progetto, collante fra le
diverse personalità, compositore delle musiche e, soprattutto, autore
dei testi, che, come era per i Richmond Fontaine, hanno un ruolo
fondamentale nella riuscita del progetto.
Forte del proprio bagaglio di romanziere, Vlautin scrive liriche come fossero brevi racconti (Eddie & Polly, Holly The Hustle),
utilizza una prosa essenziale ma estremamente incisiva, attraverso la
quale tratteggia vite e personaggi ai margini, il mondo dei blue collar,
dei perdenti, di uomini e donne, costretti dal destino, a vivere
intrappolati in un’esistenza che soffoca nella disperazione ogni sogno
di fuga e di riscatto. Un’America lontanissima dalla middle class e
dall’american dream, i cui personaggi, pur destinati alla sconfitta,
sono connotati da quel romanticismo che abbiamo ritrovato, molto spesso,
anche nei testi di Springsteen.
Fotografie
di toccante verismo avvolte in un tessuto musicale minimal (ma non
scarno), che cita Cowboy Junkies e Spain, e che sviluppa l’idea di un
country soul notturno, a tratti trasognato, sfiorato appena da leggeri
palpiti rock e blues, e ricamato attraverso eleganti arrangiamenti di
pedal steel (Tucker Jackson), e fiati (l’ascolto dell’iniziale Cheer Up Charley spiega meglio di cento parole).
Ballate
elettroacustiche morbidissime, quasi vellutate, piacevolmente
malinconiche, che forse non stupiscono più come accadeva nel precedente Colfax,
ma sono di sicuro più mature e consapevoli, non immediate, ma capaci di
produrre nuove emozioni a ogni ulteriore ascolto. Nonostante una veste
formale impeccabile, è molta la sostanza che sgorga dalla penna di
Vlautin: il soul sottotraccia della title track, che lentamente si gonfia di melodia e sentimenti, l’incedere lento e le atmosfere eteree dell’evocativa Roll Back My Life, l’improvvisa accelerazione in crescendo di That Old Haunted Place,
processo alchemico di trasformazione del country in rock, sono solo
alcuni degli episodi più riusciti di un disco che non conosce momenti di
stanca e che arriva esattamente dove voleva arrivare, con mestiere,
certo, ma anche con inesauribile intensità.
Se
è vero che il lutto per la fine dei Richmond Fontaine non è stato
ancora definitivamente rielaborato (né da chi scrive né dai tanti fan
della band di Portland), questo sophomore sotto l’egida The Delines
rappresenta qualcosa in più di una semplice e magra consolazione, e
saprà riempire un vuoto musicale per molti incolmabile. E se non dovesse
bastarvi, leggete i romanzi di Vlautin: sono tutti bellissimi.
VOTO: 7,5
Blackswan, sabato 19/01/2019
3 commenti:
Un mood misto di country e soul che mi piace un sacco!
@ Lucien: disco splendido, conquista ascolto dopo ascolto.
canzone abbastanza bella -
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