venerdì 13 marzo 2020

BILLY BRAGG - LEVI STUBBS' TEARS (Go! Disc, 1986)




A volte, per una grande canzone, bastano una bella voce, una chitarra e poco altro. Lo sa bene Billy Bragg (Essex, 1957), uno che ha fatto dell’essenzialità un credo artistico, riuscendo, però, nel tempo, a scrivere un repertorio di protest songs scarne e con mezzi rudimentali, eppure pervase da appassionata militanza.
Schierato a fianco delle ali estreme della sinistra britannica, fondatore insieme a Paul Weller del collettivo Red Wedge, creato per supportare le battaglie del partito laburista durante gli anni bui thatcheriani, Bragg ha saputo dare nuovo vigore alla musica folk attraverso un approccio punk e innervare di rock i muscoli della canzone di protesta.
Armato di una nervosa chitarra elettrica e del tipico accento dei sobborghi, il songwriter inglese indossa le vesti di un Woody Guthrie urbano, sta sulle barricate, anche fisicamente, non lesina parole di fuoco al primo ministro e abbraccia la working class, alternando vigorose strette da combattente ad affettuosi sguardi pervasi di popolare romanticismo.
Talking With The Taxman About Poetry del 1986 (il titolo è una citazione da Majakovskij) è da sempre considerato il suo capolavoro, un disco brillante, vivido ed emozionante, che rappresenta al meglio il Bragg pensiero. Musica da one man band, verace e spontanea, ma per la prima volta più curata sotto il profilo degli arrangiamenti, che si fanno solo un filo più sostanziosi grazie alla comparsa di qualche inusuale strumento (violino, organo, etc).
In scaletta, ci sono le consuete canzoni di militanza politica (God Save The Youth Of America) e di critica sociale (Ideology), veri e propri inni di schieramento (There Is Power In a Union), ma anche graffiti colorati di ingenuo romanticismo (Greetings To The New Brunette).
Su tutte le dodici composizioni del disco, però, svetta la tensione drammatica di Levi Stubbs’ Tears, capace di toccare il cuore con un impianto melodico francescano e con un testo struggente. La canzone, che anticipò l’uscita del disco come singolo, fa riferimento a Levi Stubbs (1936-2008), voce inconfondibile del gruppo vocale dei Four Tops (quelli di I Can't Help Myself e Loving You Is Sweeter Than Ever) e omaggia il trio di produttori e autori di molti dei successi Motown, Holland-Dozier-Holland.
Dietro le citazioni e il tributo, il brano nasconde, tuttavia, una storia triste, di violenza domestica e di prevaricazione. E’ l’incipit della canzone a folgorare l’ascoltatore e a introdurci al dramma della protagonista delle liriche: “With the money from her accident she bought herself a mobile home”.
Una donna, vittima degli abusi del marito violento, con i soldi ricevuti in risarcimento per le angherie subite, compra un camper e fugge via. Alla deriva della propria vita, ma finalmente libera dal giogo di matrimonio infelice, la donna trova conforto nell’unica cosa che l’ha sempre sorretta anche nei momenti difficili.
E’ la grande black music, il r’n’b e il soul degli eroi di sempre (“Norman Whitfield and Barrett Strong Are here to make everything right that’s wrong. Holland and Holland and Lamont Dozier too”), unico sollievo di un’esistenza che va a rotoli e non lascia scampo alla speranza (“When the world falls apart some things stay in place. She takes off the Four Tops tape”).
Il riscatto attraverso la fuga e la consolazione della musica: in un mondo di miserie umane e di afasie etiche, è tutto ciò che rimane. Ma, forse, possiamo farcelo bastare.





Blackswan, venerdì 13/03/2020

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