E’
inevitabile chiedersi, quando nasce un supergruppo, se ci si trova di
fronte a un progetto solido, con vista sul futuro, o se invece, siamo al
cospetto di un evento estemporaneo, una gita fuori porta fra amici, che
hanno voglia di allontanarsi dalla casa madre e fare qualcosa di
diverso, svincolati da obblighi di scuderia.
E’ quello che si erano domandati un po' tutti all’uscita di Heaven Doesn`t Want You and Hell Is Full,
primo disco dei We Sell The Dead, band nata nel 2016 da un’idea di
Niclas Engelin (In Flames/Engel) e Jonas Slättung (Drömriket), a cui si
sono poi uniti Apollo Papathanasio, frontman dei Firewind e Spiritual
Beggars, Gas Lipstick, il batterista presente nel primo album ed ex HIM
(oggi, sostituito dal batterista degli Engel Oscar Nilsson), e Petter
Olsson, alle tastiere. Dubbio legittimo che con l’uscita del sophomore Black Sleep, è stato definitivamente fugato.
Se
il primo disco, per quanto positivo, palesava qualche incertezza sulla
strada da prendere e qualche defaillance compositiva, il seguito è
invece un lavoro solido e omogeneo, con un suono strutturato e idee
chiarissime, che vanno nella direzione di un hard rock di derivazione
seventies, rinvigorito dalla potenza di tiro di innesti di metal moderno
e reso scintillante da un intrigante piglio melodico.
E’ inevitabile, poi, visto anche il nome della band e il titolo del disco (Black Sleep
è con tutta evidenza una metafora che richiama la morte), che talvolta
le atmosfere si facciano cupe e inquietanti, introducendo elementi di
derivazione gotica; tuttavia, nel computo finale, emergono soprattutto
l’energia debordante del suono e la capacità della band di creare
ritornelli fulminanti.
L’apertura di Caravan,
coi suoi inserti acustici classicheggianti, apre ad atmosfere
ossianiche; tuttavia, a risaltare sono soprattutto la struttura
progressive del brano, i cambi di tempo e il saliscendi fra riff
tenebrosi e stasi meditativa. Decisamente più lineare e pompato il
singolo Across The Water, con uno straordinario lavoro alle chitarre da parte di Engelin, ottimo brano per passaggi radiofonici. La title track
è, invece, clamorosamente seventies, e ai più attenti non sfuggiranno
molte assonanze con l’hard rock leggendario di band come Deep Purple o
Rainbow.
Una
tripletta iniziale davvero notevole, di quelle che invogliano a stare
sul pezzo fino alla fine. Anche perché il disco non ha punti deboli: The Light, per dire, è una ballata che in molti farebbero carte false per avere nel proprio repertorio, Nightmare And Dream
riesce a essere cupa e orecchiabile al contempo, con quel ritornello
che è un attimo ritrovarsi a cantare a squarciagola, mentre il basso
distortissimo di River In Your Blood introduce il brano più duro del lotto, con Engelin e la sua chitarra ancora sugli scudi.
Black Sleep
è, dunque, un disco che vive in perfetto equilibrio fra modernità e
citazioni classiche, e che trova la sua forza d’impatto in un mood
ondivago di chiaro scuri, vista sull’abisso e melodie rilucenti. Un
album, quindi, che possiede una precisa linea artistica, a dimostrazione
che anche i supergruppi, con l’ispirazione giusta, sanno creare musica
di altissimo livello.VOTO: 7,5
Blackswan, giovedì 05/03/2020
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