Chitarrista di buon livello, pigmalione artistico e sentimentale di Margo Price, una carriera vissuta nelle retrovie del movimento country rock, Jeremy Ivey aveva esordito, nel 2019, a quarant’anni suonati, con un disco, The Dream And The Dreamer, che impastava con sapienza artigianale, tradizione e modernità, country, folk e rock, sentimento e passione politica.
Fatto il primo passo, evidentemente il più complesso, Ivey, a distanza di un anno, torna con un nuovo album che, visto le congiunture tragiche degli ultimi mesi, guarda con maggior interesse all’attualità e alla politica, attraverso una scaletta di dieci canzoni che alludono al malessere che sta attanagliando gli Statu Uniti (e non solo), al concorso di disastri naturali (il tema ecologista faceva capolino anche nel lavoro precedente), alla pandemia Covid (Ivey è stato malato due mesi e ha rischiato la pelle), alla nascita del movimento Black Lives Matter e al razzismo crescente, che riempie le pagine dei quotidiani. Una presa di coscienza, dunque, che l’America, e il mondo intero, in questo tragico 2020, sono cambiati profondamente, e hanno imboccato una strada che oscura ogni orizzonte di speranza.
Una visione assai pessimista, recitata attraverso liriche che non fanno sconti ma che, stranamente, convivono in un pugno di canzoni tutt’altro che cupe, in cui è la melodia, semplice, diretta e seducente, ad essere l’elemento catalizzante del disco e capace, al contempo, di tenere sottotraccia tristezza, sfiducia e disfattismo.
Registrato con la backing band The Extraterrestials e prodotto dalla moglie Margo Price, il disco risente positivamente della collaborazione della coppia (la mano della Price è evidente in molti brani del lotto) e, nonostante gli argomenti non proprio facili e il mood sofferente con cui vengono trattati, da un punto di vista melodico le canzoni sembrano essere attraversate da urgenza, irrequietezza, a tratti anche di una strana euforia.
La prima parte del disco, soprattutto, in alcuni momenti risulta essere quasi palpitante: la melodia di Tomorrow People gira intorno a reminiscenze west coast ed e è sferzata da vibrante elettricità, così come il rock ruvido della successiva Paradise Alley, che evoca Tom Petty e sfodera una coda tutta chitarre e pathos. Movies è una ballata morbidissima attraversata da raggi di sole e da reminiscenze antiche che portano con la mente alla Band di Robbie Robertson, Hands Down In Your Pocket accelera il passo con una miscela nobile di rock, country e blues, così come la pimpante Things Could Get Much Worse e suoi coretti anni ’50 (in questi due brani si sente chiaramente l’influenza della Price). Poi, il disco un po' si ammoscia, tutto si fa più piatto e prevedibile, fino a How It As To Be, ballata dal retrogusto dylaniano, molto piacevole ma anche un po’ scontata.
Il risultato finale, tuttavia, è decisamente positivo, e Waiting Out The Storm,
nonostante il titolo decisamente pessimista, riesce a convincere,
fondendo, per lunga parte del suo minutaggio, riflessioni profonde,
ganci melodici e palpitante energia.
VOTO: 7
Blackswan, mercoledì 04/11/2020
Nessun commento:
Posta un commento