Ci sono canzoni che sono state reinterpretate talmente tante volte che, anche volendo, impiegheremmo giorni interi a contarle tutte. E’ il caso, ad esempio, di Wayfaring Stranger, conosciuta anche come I’m a Poor Wayfaring Stranger, con la quale si sono cimentati, tanto per citarne qualcuno, fior fior di artisti, quali Johnny Cash, John Baez, Bill Monroe, Tim Buckley, Eva Cassidy, Neil Young e perfino Ed Sheeran.
Il brano è un traditional americano di incerta provenienza, tanto importante e famosa per la cultura degli Stati Uniti da essere stata inserita nel Roud Folk Song Index, database che raccoglie i brani tradizionali in lingua inglese. La canzone fu resa nota, nel 1891, dal divulgatore statunitense Charles Davis Tillman, che la inserì nel suo Canzoniere per arpa (Survival), riprendendo le liriche da un libro di canzoni religiose del 1858 (testo, questo, che potrebbe essersi ispirato a sua volta a un inno in lingua tedesca).
La prima pubblicazione del brano su disco avvenne nel 1944 a opera del musicista folk Burt Ives (celebre anche per la sua carriera di attore, che valse un Oscar per il film La Gatta Sul Tetto Che Scotta), e successivamente, come abbiamo accennato poc’anzi, rivisitata (anche nel testo) e reinterpretata da tantissimi altri autori.
Per molti anni, la canzone fu conosciuta anche con il titolo di Libby Prison Himn, in quanto ne veniva attribuita la paternità a un soldato dell’Unione prigioniero nella famigerata prigione sudista di Libby, presso Richmond (Virginia), il quale, sul punto di morte, avrebbe scritto il brano per confortare un compagno di prigionia ferito.
Quale che sia la genesi della canzone, resta il fatto che The Wayfaing Stranger è un brano, non solo famosissimo, ma che ben si adatta a svariate circostanze. Il tema è evidentemente simbolico e religioso: il peregrinare è la metafora della vita, il cui cammino difficile, periglioso e pregno di sofferenza verrà ricompensato nell’Aldilà, quando ognuno di noi potrà ricongiungersi con i propri cari in Paradiso. Le liriche, in tal senso, sono chiarissime: “So che la mia strada è dura e ripida, ma davanti a me sorgono bellissimi campi, dove Dio ha redento…”; e ancora: “Ci vado a trovare mia madre, ha detto che ci saremmo incontrati quando sarei arrivato…sto solo andando a casa”. In questo primo piano di lettura, il messaggio è chiarissimo: la vita è solo l’anticamera del Paradiso, il luogo che è la nostra vera dimora, là dove potremo stare per l’eternità a fianco dei nostri affetti più profondi.
Il tema religioso in sé, però, non giustificherebbe l’enorme successo di questa mestissima canzone, il cui testo fortemente nostalgico ben si adatta a rappresentare momenti di dolore e di sconforto vissuti da molti che hanno voluto reinterpretarlo.
C’è di più, però. The Wayfaring Stranger è anche la canzone che più di altre riesce a rappresentare la tragedia dei migranti. Fuori dal simbolismo religioso, il brano racconta la storia di tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria casa per cercare fortuna nel mondo. Uomini che lasciano gli affetti, gli amori, le amicizie e i luoghi in cui sono cresciuti, perché la vita è crudele, li azzanna alla gola e li costringe a migrare, alla ricerca di un mondo nuovo, un futuro diverso, una speranza di felicità.
E’ il verso iniziale, I’m just a poor Wayfaring Stranger traveling through this world, che inchioda l’esecutore e l’ascoltatore a una vera e propria responsabilità di immedesimazione: un giorno anche tu potrai essere viandante straniero in una terra che ti è ostile e ti rifiuta, anche tu potrai patire il morso feroce della solitudine, anche tu, si, proprio tu, che ora vivi nell’agio e nell’abbondanza, potrai essere sradicato da tutto ciò che ami e trovarti all’improvviso nella tormenta. Vesti i panni degli altri, allora, prova il dolore che loro provano: solo così potrai dare dignità alla tua esistenza.
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