Nato e cresciuto in Gran Bretagna, John Smith è ormai un artista apprezzato a livello internazionale, grazie a sei dischi che hanno avuto ottimi riscontri di pubblico e critica, e grazie, soprattutto, ha una serie di collaborazioni di prim'ordine, che l'hanno visto suonare al fianco di musicisti del calibro, tanto per citarne qualcuno, di Joan Baez, Jackson Browne, David Gray e Tom Jones.
Questo nuovo, e settimo full length, che è stato prodotto dallo stesso autore insieme a Sam Lakerman presso i Real World Studio di Peter Gabriel e che vede la collaborazione del pianista Jason Rebello (Sting, John Mayer), del bassista Ben Nicholls (Seth Lakeman, Nadine Shah), del batterista Jay Sikora (Paolo Nutini) e di Jessica Staveley-Taylor dei The Staves, è stato scritto e concepito durante il periodo del lockdown e risente per buona parte delle sensazioni di incertezza e di angoscia di quel lungo periodo di sofferenza.
Eppure, la musica di Smith, pur riflettendo lo smarrimento di quei giorni bui, riesce comunque a mantenere una dolcezza e un ottimismo di fondo che portano lenimento a tante anime ferite. Il suo folk screziato di pop, il suo tocco alla chitarra tanto tecnico quanto suadente, il suo timbro vocale costantemente aggraziato, seducente e caldo, raggiungono con facilità il cuore e l'anima di chi ascolta, lasciando addosso una piacevole sensazione di tenerezza.
Canzoni sulla perdita e il disagio, ma anche canzoni che parlano di speranza e amore, con semplicità, convinzione e autenticità. Dodici quadretti avvolti da cura artigianale, intimi e delicati, compongono una scaletta che sembra stringere l'ascoltatore in un abbraccio rassicurate, come a proteggerlo da tutto il dolore che lo ha circondato durante la brutale pandemia.
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