Se c’è un disco che sposa meravigliosamente la leggerezza dell’estate, questo senza dubbio è il nono album in studio dei canadesi Stars, From Capelton Hill. Un titolo che cita una località situata a est del Quebec, un luogo caro al cuore del cantante Torquil Campbell, il cui nonno, lì, costruiva case alla fine del 1800. Non sorprende quindi che questo disco, nella sua coloratissima bellezza, attinga anche ai temi della nostalgia, risultando in tal senso commovente ed emotivamente vibrante.
A quasi venticinque anni dall'inizio della loro carriera, gli Stars ormai possono fare praticamente quello che vogliono. Nel precedente There Is No Love in Fluorescent Light del 2017, avevano fatto convivere le più recenti sonorità dance oriented con il pop barocco degli esordi. Se quel disco era il suono di una band che sa esattamente chi è, From Capelton Hill rivela, invece, una band che sa da dove proviene, consapevole della propria eredità e disposta a costruire su di essa, per perfezionare il proprio marchio di fabbrica. Questo è, quindi, il loro album più riconoscibile da anni, un lavoro costruito su atmosfere più intime e personali piuttosto che sulla grandeur cinematografica che aveva avvolto alcuni lavori precedenti.
In tal senso, qui non c'è niente che gli Stars non abbiano già fatto prima. Brani come "Back To The End" e "Hoping" richiamano le trame orchestrali del loro amato classico "Set Yourself On Fire", mentre "Build a Fire" riecheggia l'estetica della pista da ballo di "No One Is Lost" del 2014. Ma la loro esperienza consente di attingere a queste sonorità note, evitando ogni stucchevole autocompiacimento.
Non è un caso che la miglior qualità di From Capelton Hill sia la misura. In passato, gli Stars avevano avuto, talvolta, la tendenza a esagerare, a sovraccaricare il suono. Naturalmente, le inclinazioni melodrammatiche fanno parte del loro fascino, ma qui fanno affidamento sui loro punti di forza e lasciano che la qualità della scrittura delle canzoni faccia il resto, evitando accuratamente orpelli in fase di produzione. L'opener "Palmistry" ne è un ottimo esempio: una semplice melodia spinta da bellissime armonie vocali con arrangiamenti di archi lussureggianti ma non invadenti. La successiva "Pretenders" è altrettanto diretta e accattivante, con il suo hook contagioso e un ritornello che evoca il jangle pop degli Stone Roses.
Il disco è un susseguirsi di piccole gemme, e a parte, forse, "If I Never See London Again", che soffre di un eccesso negli arrangiamenti, gli Stars riescono a toccare spesso il cuore, ad esempio, con l’acustica e commuovente "Snowy Owl", posta a chiusura di disco, e con "Capelton Hill", la migliore del lotto, che spinta da un ritornello epico, racchiude i temi della nostalgia e della perdita, e inumidisce gli occhi grazie anche al brillante duetto tra Campbell e la deliziosa Amy Millan.
From Capelton Hill, che beneficia anche dell’attenta produzione di Marcus Paquin e Jace Lasek, due veterani della scena di Montreal, è un disco finemente strutturato, in cui ogni strumento ottiene lo spazio necessario, con la bella evidenza del corno francese di Chris Seligman e del fingerpicking delle chitarre acustiche. Ed è anche, nel complesso, un brillante promemoria su come la consapevolezza e la maturità raggiunta possano tranquillamente fare affidamento sui propri punti di forza, senza dover cercare necessariamente nuovi trucchi per continuare a stupire. In tal senso gli Stars sono riusciti a emozionare senza inventarsi nulla, ma semplicemente regalando ai fan la miglior versione di loro stessi.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 30/08/2022
Nessun commento:
Posta un commento